3 buoni motivi per diventare un genitore empatico

Non so se avete mai conosciuto uno di quei genitori, di solito una mamma, che, sicura del suo ruolo, vi snocciola una a una le sue granitiche certezze su come vada cresciuto un bambino e su quando e come affrontare le varie tappe di crescita.

Non le sfugge niente: a quanti mesi il bambino deve camminare, deve cominciare a svezzarsi o a gattonare; sa perfettamente come e quando abituarlo a dormire nel suo lettino e come togliere il pannolino, oltre che naturalmente come fargli rispettare le regole, a volte con minacce e punizioni.

Stiamo parlando di un genitore un po’ rigido, meccanico, simile spesso a quello che erano i nostri genitori con noi, perché i nostri nonni a loro volta si erano comportati così con loro.

Quei genitori che, discutendo dei figli, dicono frasi come “Ah, a me non interessa quello che dice o se si lamenta…è così e basta!”, sicuramente amano i loro figli e desiderano il meglio per loro, cercando di ottenerlo con gli strumenti che conoscono, che qualcuno gli ha consigliato o che sono stati utilizzati con loro quando erano bambini.

Spesso, però, questi genitori sono poco empatici. L’empatia è la capacità di mettersi nei panni degli altri, di riconoscere e comprendere le loro emozioni e le motivazioni delle loro azioni; una dote fondamentale nel rapporto tra genitori e figli.

Per i nostri bambini siamo come uno specchio: più siamo interessati, coinvolti e disponibili ad ascoltarli, più loro sono felici e si sentono amati e sicuri di se stessi.

Mettere in gioco l’empatia nella relazione con i figli significa essere disposti a investire tempo ed energie per osservarli, ascoltarli e quindi conoscerli meglio, comportandosi con loro di conseguenza.

Agire secondo risposte pronte e preconfezionate ci può fare comodo in certe situazioni, ma è un atteggiamento che non tiene in considerazione la personalità, i bisogni e i desideri di nostro figlio e che, alla lunga, non paga.

Ma quali sono le caratteristiche positive di un genitore empatico?

1. È un genitore che dedica molto tempo di qualità al figlio. So che state già pensando che il tempo è sempre poco, ma l’importante è dedicargliene il più possibile, e renderlo speciale. Un genitore che trascorre abitualmente un tempo della giornata o della settimana a fare qualcosa con il figlio, piacevole per entrambi, gli dimostra che per lui è davvero importante, non solo a parole. In questo tempo “speciale” di’ a tuo figlio che ti piace stare con lui e lascia che esprima se stesso, senza arrabbiarti se le cose non vanno come dici tu e soprattutto senza giudicarlo. Approfittane, invece, per conoscerlo meglio.

2. Il genitore empatico ascolta i figli e si mette nei loro panni, soprattutto quando in gioco ci sono situazioni emotivamente complesse, che i bambini non riescono a gestire. Li aiuta a riconoscere e a dare un nome alle emozioni espresse, permette loro di viverle e quindi li guida nel gestirle, senza sminuirle o addirittura ignorarle. Dire a un bambino “Non devi arrabbiarti!” significa negare la sua emozione e indurlo a dubitare di se stesso e di ciò che prova. In realtà, tutte le emozioni sono accettabili; è il comportamento che può risultare inadeguato – picchiare, rompere cose –  e su quello si deve intervenire

3. Il genitore empatico è flessibile, non lassista. Davanti per esempio a un capriccio non parte in quarta urlando e lamentandosi con “Basta, smettila!” , “Ma possibile che fai sempre così?!”, “Se non la pianti, niente cartoni!” e simili; lui si arma di pazienza, si mette al livello del bambino e guardandolo negli occhi gli dice “Amore, che cosa è successo? Devi essere proprio arrabbiato per urlare così forte, vero?”.

Cerca di immedesimarsi nel figlio, di andare al di là del capriccio per capire il disagio che nasconde, per capire le motivazioni che spingono il bambino a comportarsi così. In sostanza, è attento alla natura del bambino reale che c’è lì davanti a lui, cerca di adattarvisi e di cercare una soluzione.

Difficile? La cosa più complicata è forse cambiare atteggiamento, ma l’empatia che acquisiremo ci ripagherà degli sforzi fatti. Magari non nell’immediato, ma  a medio e lungo termine di sicuro vedremo i risultati; soprattutto perché un bimbo che si vede ascoltato e compreso sarà più disponibile ad ascoltare e comprendere noi e tutti gli altri con cui entrerà in contatto.

Ci proviamo?

Adele Borroni – www.mammeimperfette.com

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Author

Insegnante, autrice e blogger fondatrice di mammeimperfette.com, mamma entusiasta, e a tratti ancora incredula, di Fabio e Marco. Appassionata e avida studiosa di autostima per bambini, ne scrivo spesso sul mio blog e ho raccolto i consigli pratici più efficaci per svilupparla nell'ebook “Mamma, io valgo!” e nei video del Percorso Aiedi. “Aiedi” è l'approccio che seguo per accompagnare i miei figli nella crescita, in cui autostima, intelligenza emotiva e autodisciplina sono le tre risorse indispensabili da favorire nei bambini per aiutarli a crescere sicuri di sé, autonomi e capaci di essere felici. Due maternità nel giro di 18 mesi mi hanno cambiato la vita, in meglio, e mi hanno portato a riflettere su chi volevo davvero diventare “da grande”. Decisamente imperfetta e con tanta voglia di migliorare, sono convinta che se vuoi che le cose cambino, tu devi cambiare.