"E da grande faro?": Genere e scelte per il futuro

Ultima tappa del nostro percorso sull’educazione al genere, che si chiude insieme ad Annalisa Valsasina, psicoterapeuta di Matrioska Group, con cui rifletteremo su come aiutare i ragazzi e le ragazze in una scelta importante per il loro futuro, quella del lavoro, liberi da condizionamenti culturali e stereotipi di genere…

Cosa mi piacerebbe fare da grande? Come potrò raggiungere i miei obiettivi? Su cosa dovrò puntare per fare carriera? Cosa premierà l’azienda in cui mi inserisco? A cosa sono disposto/a a rinunciare in nome delle mie ambizioni professionali? Quali saranno le conseguenze sulla mia vita privata se deciderò di accettare un’opportunità all’estero?

Ecco alcuni possibili interrogativi che potrebbero porsi allo stesso modo ragazzi e ragazze all’inizio del loro percorso professionale.

Ma le risposte sarebbero diverse in funzione del genere di appartenenza?

Guardiamoci in giro: nelle pubblicità, nei luoghi di lavoro, nei paesi o città in cui viviamo il genere è spesso una variabile fondamentale che identifica alcune professioni come più adatte alle donne o agli uomini e altre come decisamente destinate all’uno o altro sesso. L’operatrice del Call center, la commessa di negozio o la cassiera sono donne, il pilota di aerei, l’idraulico, l’ingegnere, il chirurgo sono uomini. Magari a capo di un’associazione di volontariato o di un ministero di utilità sociale riusciamo a trovare una donna, ma al vertice di un battaglione dell’esercito o della polizia è preferibile un uomo, così come alla Presidenza del consiglio o della Repubblica.

Nella pubblicità, le donne stirano, lavano e cucinano, oppure seducono e usano il loro corpo come oggetto. Quando interpretano il ruolo di “manager”, molto raramente, sono utilizzate per promuovere prodotti per l’igiene intima. Se appaiono associate a beni di lusso tipicamente maschili, come l’automobile, sono sempre sedute a fianco di un uomo. Difficilmente le donne sono rappresentate come agenti attive del sistema economico, politico e culturale.

E al di fuori della pubblicità le cose non vanno meglio: sebbene le donne rappresentino il 57% della forza lavoro, la presenza femminile si riduce nei livelli più alti. Poco occupate, nelle posizioni più basse, impiegate a tempo parziale (spesso dopo la nascita dei figli) e con salari peggiori rispetto agli uomini pur a parità di mansioni: questa è la fotografia prevalente del lavoro femminile in Italia!

Nulla di nuovo in questi stereotipi, direte voi, di cui le tracce abbiamo già analizzato nel post sulle scelte di studio. E quindi, tornando alla domanda iniziale, sembrerebbe proprio che il mondo che ci circonda sostenga e indirizzi verso scelte e professioni diverse in funzione del genere.

Come possiamo allora noi genitori aiutare i nostri figli e le nostre figlie?

Per cambiare le cose, come sempre, sono necessari esempi e modelli positivi per le future generazioni. Modelli che diventino patrimonio e narrazione comune.

Quindi ancora una volta partiamo da noi e dalla consapevolezza della nostra visione del tema e dell’esempio che veicoliamo.

Come e perché, per esempio, abbiamo scelto la nostra professione? Quale modello implicito abbiamo passato ai nostri figli, ormai adulti, rispetto al rapporto tra genere e professione?

Pensandoci, potremmo scoprire che in fondo anche noi ricadiamo nell’idea stereotipata che all’uomo sia concessa la carriera, la realizzazione professionale, l’indipendenza economica (e con questi aspetti, per esempio, la possibilità di fare un lavoro che porta spesso lontano da casa) e alla donna, la professione si, ma entro certi limiti, dovendo farsi carico prevalentemente del lavoro di cura. Oppure potremmo scoprire che, sotto sotto, anche noi pensiamo che nostra figlia faccia bene a scegliere un lavoro vicino casa e non troppo pretenzioso, perché poi se diventerà mamma dovrà comunque fare un passo indietro nel lavoro.

Oppure, in direzione diametralmente opposta, potremmo pensare che sempre nostra figlia non debba assolutamente cadere nelle trappole sul ruolo della donna in famiglia e, anzi, far vedere lei al mondo intero di cosa è capace (magari rendendoci giustizia dei sacrifici fatti!), mettendo da parte il suo desiderio (legittimo?) di famiglia e maternità.

Sempre ponendoci le giuste domande, potremmo anche scoprire che non ci piace per niente l’idea che nostro figlio voglia un lavoro part time o comunque non particolarmente ambizioso per stare dietro alle sue passioni o alla cura dei figli (“insomma chi porta i pantaloni in casa?!”).

Certo sarebbero belle scoperte su cui riflettere! Perché in fondo è facile affermare che gli stereotipi sono una brutta cosa, ma poi concretamente è altrettanto facile caderci quando riguardano questioni concrete e che ci toccano da vicino…

Una cosa è certa: i nostri figli, se ascoltati e lasciati liberi di esprimersi, già nelle età precedenti, non potranno che portare la loro differenza in famiglia e con questa tutti i dubbi, le fragilità ma anche le potenzialità evolutive connesse.

Solo se avremo fatto spazio nei nostri pensieri e rivisto le nostre convinzioni rispetto a cosa è giusto per un uomo / una donna essere o fare nel mondo del lavoro saremo capaci di accogliere i desideri e le scelte reali dei nostri figli. E, mi viene da dire, solo attraverso questo lavoro personale di “pulizia” sapremo noi stessi combattere gli stereotipi che i nostri figli potrebbero avere sul tema.

Per fare questo naturalmente serve dialogo, con se stessi e in famiglia, serve la capacità di mettersi in discussione, la trasparenza anche rispetto ai propri errori o al contrario alla bontà delle intuizioni che abbiamo avuto nel corso della nostra esistenza.

I nostri figli hanno bisogno di appoggio e fiducia, non dei nostri giudizi rispetto alle loro scelte. Se sapremo parlarne con loro e aiutarli nella riflessione rispetto a ciò che veramente sentono di voler fare nella vita, sarà già tantissimo in termini di lotta contro gli stereotipi, non solo di genere.

Buon dialogo!

 

IN PRATICA

Rileggi le domande presenti nel post per favorire la tua consapevolezza.

Identifica due consigli che daresti a tuo figlio rispetto al mondo del lavoro e alla sua realizzazione professionale e due consigli che daresti a tua figlia.

Ora rileggili. Sono diversi e in cosa? Sottendono degli stereotipi? O partono dalle loro reali differenze?

Pensa alle tue scelte professionali: in cosa ti ha limitato il tuo genere di appartenenza? Cosa oggi faresti di diverso?

 

di Annalisa Valsasina
www.matrioskagroup.it

 

photo: Google

Author

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