Spiegare la multiculturalità ai bambini (o sono loro che la spiegano a noi?) - Mammeacrobate

Non molto tempo fa, un’amica mi ha chiesto in che modo, sulla base della mia esperienza, avrebbe potuto affrontare il tema della multiculturalità con suo figlio di quattro anni, quale sarebbe stata la modalità più chiara e semplice per spiegare la diversità etnica e culturale.
Perché lo ha chiesto a me? Perché sono una mediatrice culturale, dovrei saperlo, perché dovrei avere dei modelli di riferimento sui quali basarmi e infatti, teoricamente li avrei, ma ciò nonostante rispondere a questa domanda in modo diretto e preciso non è semplice e richiede qualche riflessione.

Ciò che voglio intendere è che, in ragione di quanto imparato in questi anni nei progetti di educazione ai diritti all’interno delle scuole, non esiste un modo univoco per affrontare tale tematica con i bambini; non c’è una sola strada da seguire, ma piuttosto esistono molteplici modalità d’intervento, da modulare caso per caso, poiché sono davvero tante le variabili con le quali ci interfacciamo.
Prima di addentrarmi in questa riflessione e presentarvi alcune delle modalità che ho avuto modo di sperimentare, vorrei condividere un aneddoto raccontatomi qualche anno fa, una storia che mi è rimasta particolarmente impressa, alla quale mi capita spesso di ripensare.

Un pomeriggio come tanti altri, Marta stava andando a prendere Pietro, suo figlio di quattro anni, alla scuola materna; per tutto il giorno aveva pensato e ripensato a come avrebbe reagito Pietro al nuovo compagno, alle domande che le avrebbe fatto e sopratutto se sarebbe stata in grado di dare le giuste risposte. Le preoccupazioni di Marta erano legate al fatto che quello sarebbe stato il primo giorno di scuola di Omar, un bambino senegalese da poco ricongiuntosi con i genitori a Milano, il primo bambino di colore nella classe di Pietro.

Durante il tragitto verso casa, come sempre Pietro iniziò a raccontare alla mamma la sua giornata, con la solita naturalezza, aggiungendo con noncuranza che quel giorno era arrivato un nuovo compagno.
“Ecco ci siamo!” pensò Marta e, cogliendo la palla al balzo, si rivolse al figlio: “Ah, che bello… un nuovo compagno! Ed è simpatico?”.
“Si, sì! Ci siamo anche rotolati nella sabbia io, lui e Matteo e poi abbiamo giocato con le macchinine” rispose Pietro.
Ok… nessun passo avanti, così Marta ci riprovò: “Ah, ma allora gli piacciono gli stessi giochi che piacciono  a te… ma com’è che si chiama?”.
“Si, anche se non gli piace tanto giocare a palla come a me… si chiama Omar” disse.
“Ma dimmi un po’ una cosa… sai io non l’ho conosciuto… come ce l’ha la pelle Omar?”osò Marta, trattenendo il fiato nel porre la fatidica domanda.
Pietro guardò la mamma un po’ scocciato per tutte quelle domande e disse: Mmm… tutta attaccata al corpo!” e corse via a raggiungere degli amichetti poco più avanti.
Marta non poté trattenere una risata, non sapeva cosa dire… Pietro l’aveva spiazzata.

Ogni volta che ripenso a questo racconto viene anche a me da ridere e mi vengono in mente le numerose volte in cui mi è capitato di rimanere colpita dalle frasi sentite nelle classi, da episodi che sono per me la conferma che i bambini rappresentano un universo a sé stante rispetto a quello degli adulti, con una capacità tutta loro di vedere e interpretare la realtà.

Attraverso questa storia non voglio però sostenere che i bambini non percepiscano le differenze, quanto piuttosto sottolineare che lo facciano con uno sguardo differente rispetto a noi.

Ma perché vi ho voluto raccontare questa storia? Semplicemente perché è rappresentativa di una realtà che oggi più che mai riguarda il nostro paese.

Ho potuto notare quanto la curiosità che caratterizza i bambini gli permetta di relazionarsi con gli altri liberi dai pregiudizi e i condizionamenti che noi spesso abbiamo, a volte senza accorgercene. Sono capaci di trovare punti di incontro con una naturalezza che spiazza noi adulti, con i nostri schemi mentali precostituiti… e trovo sia meraviglioso!

Proprio per questo sono assolutamente in grado di recepire l’educazione interculturale, grazie alla loro apertura, al modo in cui si interfacciano con le nuove esperienze.
Educarli sin da piccolissimi all’incontro con “l’Altro” – chiunque esso sia – è importante per facilitare la conoscenza reciproca e l’interazione.

Nei prossimi giorni vi racconterò anche in concreto alcuni spunti, giochi e attività per affrontare e spiegare la multiculturalità ai nostri bambini.

Author

Acrobata per vocazione, una laurea in Lingue e Comunicazione, da oltre 10 anni mi divido tra le mie due grandi passioni: educazione e comunicazione, convinta che le due cose insieme possano fare la differenza. Da sempre in prima linea accanto ai bambini, agli adolescenti, alle mamme e ai papà, a scuola e in famiglia, ho lavorato e lavoro per diverse realtà del terzo settore occupandomi di diritti dei minori, cittadinanza attiva, intercultura, disabilità e fragilità sociale con l’obiettivo di contribuire a diffondere una cultura dell’infanzia e dell’adolescenza. Il mio sogno? Mettere al servizio dei genitori le mie competenze e professionalità, per supportarli nel loro ruolo educativo.

8 Comments

  1. Francyacrobata

    BELLISSIMO POST E BELLISSIMA COSA! 🙂

  2. Zia Franny

    Assolutamente d’accordo!
    Anche a me sono capitati episodi simili a quelli di Marta e da allora ho capito qualcosa in più e ho smesso di farmi domande prima che siano i bambini stessi a porle…

  3. floriana frigenti

    Non si finisce mai di imparare..dai bambini! Come si fa a non essere daccordo con questo post?

  4. abbiamo due cuginette color cioccolato, e devo dire che i miei figli non ci hanno mai fatto caso… hanno notato che la cuginetta maggiore ha i capelli molto molto ricci (il padre è nordafricano, la mamma coi capelli biondi e dritti come spaghetti…), ma più di quello non hanno “rilevato”. E dove abitiamo noi fin dal nido hanno avuto in classe bimbi con genitori proveniente da tantissimi paesi diversi (perchè questi bimbi SONO italiani 😉 ), per cui è comunissimo trovare bimbi con colori della pelle e tratti somatici diversi. I bambini non hanno mai usato però queste caratteristiche per descriverli, ma usavano dettagli come “il bimbo con la giacca blu, la bimba con le trecce, il bimbo col tricilco, ecc, insomma badano ad altro!!

  5. nella mia famiglia non abbiamo pregiudizi nei confronti delle altre culture ma anzi, abbiamo sempre avuto cura di non evidenziare le differenze con gli altri popoli, invece ho riscontrato che mio figlio di quattro anni le differenze le nota eccome…
    A me questa cosa dispiace tantissimo e mi imbarazza, e non ne capisco neppure l’origine, la motivazione.
    Per esempio questa primavera abbiamo fatto un viaggio a Zanzibar e lì avevamo avuto dei contatti con i “bambini marroni” (li ha chiamati lui così). Quando gli ho detto che volevo che lui si abbronzasse e diventasse scuro come i bambini marroni, si è imbronciato ed ha risposto che non voleva diventare come un bambino marrone. Ci sono rimasta malissimo! Innanzitutto: questo è indice di non accettazione della “diversità” (la metto tra virgolette perchè la diversità è un concetto relativo…)?
    Se lo fosse, come faccio a cambiare questo atteggiamento?

    • Elisa Capuano

      ciao Daniela, a mio avviso non credo che la risposta data da tuo figlio dovrebbe preoccuparti…anche laddove la diversità viene percepita non c’è niente di male, i problemi sorgono quando sulla base di essa vengono attuati comportamenti discriminatori. Non penso che la sua sia una non accettazione della “diversità”, lui nota sì la presenza di bambini che hanno la pelle di un colore diverso, ma non dà un giudizio di valore, probabilmente la sua risposta deriva dal fatto che non riconoscendosi nelle caratteristiche del “bambino marrone” non capisce perchè dovrebbe diventare come lui e e ti dice che non vuole, come in una sorta di “protezione” della sua identità.
      Lui ha notato un dato di fatto, il diverso colore della pelle, lo fa con estrema naturalezza, infatti usa il termine marrone (e non nero…che appartiene al linguaggio degli adulti!) ma non per forza questo è indice di una visione negativa da parte sua. Io credo che quando si parla di diversità (di tutti i tipi non solo etnica) bisognerebbe soffermarsi sul fatto che non c’è un “Altro” rispetto a sé quanto piuttosto che siamo tutti “Altri”, nel senso che tutti abbiamo caratteristiche che ci rendono diversi gli uni dagli altri, ma anche altre che ci accomunano. Magari, vista la tua sensibilità/attenzione a riguardo potresti fare alcune attività con tuo figlio, dei giochi che aiutano a esplorare il tema. Non se hai avuto modo di vedere il gioco della carta d’identità che ho descritto nel post successivo a questo, dove ho parlato anche della collana Milly e Molly, molto utile con la fascia pre-scolare; sono esempi di attività divertenti e semplici. Oppure mi viene in mente l’universo dei cartoni animati che da un sacco di spunti sul concetto della diversità, penso ad esempio a Shrek, L’era Glaciale, Monsters & Co., La Bella e la Bestia, dove nascono dei bellissimi rapporti tra personaggi diversissimi tra loro e dove vengono via via distrutti stereotipi e pregiudizi tipici. Potreste guardarli insieme e successivamente parlarne un pò, trattandosi di personaggi di fantasia i bambini possono trovare delle analogie con la propria vita senza però sentirsi troppo coinvolti e ciò dovrebbe facilitare la discussione!
      Facci sapere come va!

      • francesca

        io non credo ci sia nulla di preoccupante nella risposta di tuo figlio, piuttosto mi fermerei a pensare alla tua affermazione. mi spiego, tuo figlio secondo me ti ha rispsoto in quel modo xchè la tua affermazionegli ha fatto credere che sarebbe diventato marrone x sempre,ed ovviamente ha voluto difendere la sua integrità di un 4enne con una personalità ed un’immagine di se rappresentatacmqda una pelle bianca. spero di essermi spiegata.non credo fosse un’affermazione razzista,ma solo un modo per proteggere se stesso

  6. Taty Rossi

    Davvero molto interessante.
    Complimenti, Elisa!
    😉