Dov'è finito il mio bambino? Arriva la pubertà

Fare il genitore non è facile e soprattutto nessuno insegna come farlo. Tanti cambiamenti a cui abituarsi, la perenne ricerca di un giusto equilibrio nello svolgere il nostro compito di mamme e papà, nella relazione con i nostri figli. Un equilibrio però che è sempre precario, perché quando ci sembra di averlo trovato, loro crescono, le cose  si trasformano nuovamente…e bisogna ricominciare da capo.

Quando poi arriva la pubertà le cose di complicano ulteriormente. Un tornado travolge i nostri bambini, che improvvisamente bambini non sono più. Una profonda metamorfosi quasi mai facile da accogliere e metabolizzare e non solo per chi la vive in prima persona. Questa fase infatti è estremamente sfidante anche per noi genitori, che sembriamo non capirci più niente, stentando spesso a riconoscere i nostri figli.

Come leggere i  loro comportamenti e aiutarli a farvi fronte?

Abbiamo chiesto agli specialisti dell’Associazione Pollicino e Centro Crisi Genitori – l’associazione di Milano impegnata in iniziative di prevenzione  ed intervento sui disordini del comportamento alimentare da  0 a 16 anni, che avevamo già incontrato qualche tempo fa – di spiegarci meglio cosa succede in questa età così delicata…

Quando inizia l’adolescenza? Per la psicoanalisi, l’adolescenza rappresenta la complessa risposta che l’essere umano da sempre offre allo sviluppo puberale ed è quindi da intendersi come una conseguenza psichica.  L’adolescenza inizia quindi nel corpo per opera dello sviluppo puberale e si proietta nella mente, nelle relazioni quotidiane e nelle ambizioni o speranze per il proprio futuro.

Oggi assistiamo ad un abbassamento della soglia di inizio della pubertà, infatti non sono poche le bambine di 8-9 anni che si trovano oggi ad affrontare i segni dell’uscita dal corpo infantile e in taluni casi anche l’avvio del ciclo mestruale. Ovviamente questa implicazione massiccia del corpo “spinge” le bambine – indipendentemente dalla loro età anagrafica – a lasciarsi alle spalle l’infanzia per affacciarsi in una nuova era con un nuovo corpo.

E’ quindi opportuno ricordare il valore e il significato dell’ età pre-puberale, cioè quell’età di frontiera che coinvolge sia il bambino, sia il genitore. Un’età di frontiera, un’età incerta, perché è un’età in cui il soggetto progressivamente si discosta dalla posizione tipicamente infantile e inizia a rivendicare un proprio modo di essere indipendentemente dalle attese e dai gusti dei genitori, sperimenta nuovi legami e nuovi interessi ma ha ancora un estremo bisogno di approvazione e di supporto genitoriale che sovente reclama. L’età prepuberale è l’età in cui il bambino si prepara, si predispone e attende quel cambiamento… che poi quando arriva (sebbene atteso) comporta uno shock.

Lo shock dello sviluppo puberale

Lo sviluppo puberale non è mai un tempo felice perché mostra la potenza con cui il corpo domina il soggetto: il corpo ha le sue leggi, il corpo ha i suoi tempi fisiologici e il soggetto non può che prenderne atto. Lo sviluppo puberale, sia femminile che maschile, è un’esperienza ingovernabile poiché i cambiamenti arrivano anche se non li si vuole e non prevedono la possibilità di arresto da parte del giovane.

La pubertà corrisponde a una forte trasformazione dell’immagine del corpo, visibile a tutti, per questo spesso è accompagnata da un’atmosfera greve e nostalgica che deriva dalla semplice constatazione che niente sarà più come prima. Ma la pubertà riguarda anche l’irruzione di sensazioni interne al corpo che possono generare una certa preoccupazione che al suo fondo muove un dubbio:

il brutto anatroccolo riuscirà a diventare un cigno?

Ricordiamo che la “sessuazione” non inizia con lo sviluppo puberale, anche il corpo del bambino è sessuato e con lo sviluppo puberale le molteplici sensazioni e scoperte del proprio corpo vissute durante l’infanzia tornano accavallandosi alle nuove questioni del corpo. Tra queste è significativo il nuovo incontro con lo “scarto del corpo” che nell’infanzia è rappresentato principalmente dalle feci. Mi riferisco al fatto che con l’arrivo del corpo adulto si amplifica la sensazione di poter fare ribrezzo e i ragazzi vivono e sentono il rischio di questo ribrezzo su di sé tornare in maniere prepotente. I ragazzini sono sempre un po’ impreparati a questo ritorno dello scarto e possono risentirne molto fino a cristallizzare dei “complessi”: ne sono due esempi tipici l’olezzo del sudore e la crescita dei peli nel corpo che possono evocare il timore di sentirsi uno “scimmione” o una “capretta”. Le intime esperienze del corpo puberale possono anche generare a una strategia difensiva del soggetto: ci sono infatti molti ragazzi e ragazze che nel tempo della pubertà disinvestono dal corpo, se ne disinteressano addirittura facendo come se non ci fosse.

Ecco perché il soggetto può sentirsi impreparato ad aver cura degli scarti del corpo o anche essere molto arrabbiato per questo nuovo problema che il corpo lo costringe a risolvere. Inoltre, contrariamente a quanto gli accadeva in età infantile, non può avvalersi dell’aiuto della mamma e del papà perché tra il suo corpo e i suoi genitori si innalza il velo del pudore. Pertanto il corpo dell’adolescente non può più essere affidato alle buone cure della mamma affinché torni ripulito e bello: non c’è più la chance della delega all’altro.

Quale il ruolo dei genitori?

I genitori si trovano così nella difficoltà di riuscire a dare una risposta ai bisogni del “nuovo” corpo del figlio poiché è lo stesso corpo del figlio a impedirlo: il velo del pudore, la necessità del segreto, l’esigenza di una solitaria ricerca di un nuovo equilibrio e una faticosa riscoperta del proprio corpo strutturano un chiaro messaggio che il ragazzo invia ai genitori: “da oggi è vietato l’accesso”.

Davanti alle costruzioni dei figli in età prepuberale, l’irruzione del corpo e il muro invalicabile, è bene che i genitori possano mostrarsi al proprio figlio in una modalità nuova, con uno sguardo e un ascolto particolarizzato, rispettando il “divieto d’accesso” del figlio e quindi la sua soggettività.

Ecco perché, dal corpo apparentemente “sregolato” del figlio, la risposta del genitore non deve necessariamente avere a che fare con una parola, con una regola ma piuttosto con l’offerta di un altro corpo regolato, capace cioè di accettare, accogliere e rispettare la distanza del proprio corpo da quello temuto, messo a tacere oppure interrogato del figlio.

Per contattare gli specialisti dell’Associazione Pollicino Onlus o per ulteriori informazioni:
Numero verde: 800.644.622 – www.pollicinoonlus.it – info@pollicinoonlus.it

 

photo credit: vinothchandar via photopin cc

 

 

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