Rinunceresti alla carriera per i figli? - Mammeacrobate

rinunciare carriera per figliIeri mi hanno rivolto questa domanda (in un programma tv dove si voleva provare a trattare un tema complicato e delicato in 10 minuti scarsi…)

Sono riuscita a dire forse un millesimo delle cose che avevo in mente, vuoi l’emozione, i tempi davvero ristretti… e così lo dirò in questo post quello che penso e qual è la mia posizione. E se mi vorrete poi dire cosa ne pensate ne nascerà senz’altro un dibattito molto più costruttivo di quello di ieri… ne sono certa!

 

Alla domanda “rinunceresti alla carriera per i figli?” la mia risposta è NO.

Le motivazioni del No sono tante e chiarisco subito un concetto fondamentale così evitiamo fraintendimenti: OVVIO che farei ogni cosa per le mie figlie, anche tagliarmi gambe e braccia, ma non si sta mettendo in dubbio questo, qui siamo tutti d’accordo mi pare.

Il punto in questione è un altro. il rapporto tra la donna/mamma e il lavoro/carriera (che pure sul concetto di carriera bisognerebbe specificare meglio…)

Ad una domanda del genere a me viene innanzitutto da rispondere con altrettante domande:

Perché dovrei rinunciare alla carriera per i figli? Chi me lo chiede?

 

La prima cosa che in questa domanda mi infastidisce è il concetto di rinuncia. Si rinuncia a qualcosa a cui tendenzialmente si tiene e questo molto spesso causa dolore o insoddisfazione. Non augurerei mai alle mie figlie da adulte di dover rinunciare a un lavoro che amano, per il quale hanno magari studiato molto, faticato, un lavoro che le soddisfa e le gratifica. Non vorrei che rinunciassero a nulla, per la verità, non solo al lavoro. Vorrei che avessero sempre garantita la possibilità di scegliere, la possibilità di decidere liberamente la miglior soluzione per la loro vita. Ma scegliere significa avere davanti a sé due strade ugualmente percorribili: posso fare la mamma che lavora oppure posso fare solo la mamma.

 

Se invece mi si chiede di rinunciare a qualcosa il messaggio che passa è: non puoi avere entrambe le cose perché sono inconciliabili, quindi devi sacrificarne una. Ma perché? Chi lo dice?

La grande sfida non dovrebbe essere quella di rinunciare alla carriera per i figli, ma di pretendere che cambino le logiche lavorative attuali (basate sul presenzialismo, la quantità di ore passate alla scrivania, il cartellino da timbrare) e il contesto sociale che rendono difficile, se non impossibile,  la conciliazione di  carriera e famiglia al punto tale che nessuno dovrebbe sentirsi rivolgere più questa domanda.

 

Inoltre, la mancanza di aiuti e di servizi alla famiglia pesa molto su queste decisioni, così come pesano ancora trppo i sensi di colpa.

Perché al concetto di “fare carriera”, specie se legato allo donna/madre, si tende a dare sempre un’accezione negativa, dispregiativa? Cosa che non succede mai quando si parla di un uomo in carriera.

Quando si dice “quella mamma in carriera” di solito lo si dice per sottolineare un comportamento sbagliato, delle mancanze verso la famiglia e verso i figli. Ieri sono state dette cose durante il dibattito tipo “queste mamme che hanno sete di carriera e lasciano i figli a scuola ritirandoli per ultimi alla sera” oppure ancor peggio “questi adolescenti di oggi cresciuti davanti alla tv sono tutti disadattati”.

 

Bisogna però anche dare un senso a questo termine: carriera. Cosa si intende per carriera? Quali professioni, quali livelli? Fare carriera significa svolgere un lavoro nel quale vi sia possibilità di crescita professionale, obiettivi da raggiungere, possibilità di avanzamento per conquistare nel tempo anche posizioni di responsabilità.

Carriera non è solo fare la Marissa Meyer della multinazionale di turno o l’attrice di Hollywood che gira il mondo con figli e tate al seguito (ma beata lei dico io!)

E quindi, la maggior parte delle donne che lavora è, a mio parere, in carriera. Dovrebbero tutte rinunciare a quello che hanno costruito?

Ma, provocazione delle provocazioni, le semplici impiegate che lavorano 9 ore al giorno (pausa pranzo inclusa) e che tornano a casa alle 19 di sera non dovrebbero lasciare il lavoro per i figli, vero? Perché in fondo non sono mica in carriera, loro.

E invece no, pure loro dovrebbero stare a casa, come minimo scegliere un part time, o lasciare il lavoro almeno per i primi anni dei figli (poi certamente quando vogliono tornare nel mondo del lavoro gli spalancano i portoni), “perché i figli vengono prima di tutto” (concetto espresso proprio ieri durante il dibattito…).

 

Ma perché mai nessuno guarda con occhio contrariato un padre in carriera?

Perché nessuno chiede a un padre di famiglia se “rinuncerebbe alla carriera per i figli”?

 

Quindi la mia risposta è di nuovo NO, non si deve rinunciare al lavoro per i figli ma pretendere che questa cultura cambi.

In altri stati europei, penso ai paesi nordici, credo che nessuno si sognerebbe mai di chiedere a un dirigente o a una manager di rinunciare alla carriera per i figli. Questo perché? Innanzitutto perché famiglia e lavoro hanno la stessa importanza, è importante il tempo dedicato al lavoro quanto ugualmente importante quello dedicato alla famiglia. In secondo luogo, perché il rispetto verso l’individuo è talmente alto che si guarda al suo benessere, il cosiddetto well-being, e si mettono in pratica soluzioni lavorative in grado di tutelare questo benessere attraverso logiche di work life balance che qui in Italia ancora ci sogniamo (tranne alcune eccezioni…)

Tempo fa ho avuto modo di parlare con una responsabile italiana di una nota azienda svedese che mi spiegava come anche la riunione più importante, tenuta dal Direttore Supremo, alle ore 17 si conclude perché tutti, uomini e donne, hanno ALTRO da fare, pensare alla famiglia, ai figli ma anche alla VITA che hanno al di fuori del lavoro. E’ proprio una visione differente dalla nostra. Nel nostro paese se tutto va bene le riunioni iniziano alle ore 17…

 

Che poi io ieri volevo anche parlare di esempi positivi, di aziende illuminate e di best practices, di mamme che dopo la maternità hanno dato vita a nuovi progetti e a nuove imprese, riuscendo a costruire “carriere” equilibrate e adeguate alle loro famiglie.

Volevo dire che essere il modello per i propri figli è una responsabilità enorme e che di sensi di colpa ne abbiamo già tanti, la società può pure smetterla di mettere sempre il carico da 90 su qualsiasi argomento che riguardi mamme-figli.

Volevo dire che io non lavoro solo per portare uno stipendio a casa, grazie a Dio io lavoro anche e soprattutto perché mi piace quello che faccio, mi fa stare bene.

Ma queste cose non si possono dire, in Italia proprio no.

 


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Mammeacrobate.com è un portale di informazione e confronto su maternità e genitorialità, uno spazio nel quale le mamme si raccontano e si scambiano consigli, racconti ed esperienze di vita grazie alla collaborazione con professioniste che mettono a disposizione di altre mamme e donne le loro competenze e grazie a mamme che si raccontano per socializzare problematiche o stralci di quotidianità.

28 Comments

  1. Ciao Manuela!
    Io credo che prima di tutto sia importante che si possa scegliere, e che ogni mamma possa fare quello che vuole, rinunciare ad una carriera sfolgorante per stare a casa e fare la mamma e la casalinga, o essere una super manager e affidare i figli ad una super tata e vederli ogni tanto.
    Detto questo, purtroppo in Italia oggi la scelta non è sempre libera, e ci sono donne che si trovano davanti ad un bivio. Perché glielo impongono in azienda, o in famiglia, o semplicemente perché, con la rigidità del mondo del lavoro nel nostro paese, si sentono mamme a metà, manager a metà, e decidono di scegliere una strada sola ed essere qualcosa al 100%.
    Hai ragione quando dici che piuttosto che scegliere bisognerebbe rimanere e lottare, ma secondo me quella per un sano work/life balance è una battaglia che durerà anni, se non decenni, e ci sono persone (come me) che si sono dette “mia figlia ed io non avremo mai più questa età, e non voglio perdere tempo essendo infelice” (ovviamente ho avuto la fortuna di poterlo fare: ci sono persone che non possono).
    Poi bisognerebbe anche capire cosa intendiamo per carriera: nel mio caso il punto era passare 10-12 ore in ufficio, tornare solo per dare il bacio della buonanotte a mia figlia, ed essere fuori casa almeno due notti a settimana. Con un compagno con orari e trasferte ancora più lunghe. Quindi il punto è stato: o decido di far crescere mia figlia da un’altra persona, che sta da noi 24 ore su 24, o prendo altre strade. Attenzione, però: non ho mai pensato che il fatto che Guia crescesse con altri fosse un male (fra l’altro ci sono educatrici e baby sitter molto più brave di me, ovviamente). Ho sempre pensato, semplicemente, di non volerlo IO. Di non voler perdere l’occasione di fare la mamma anche durante la settimana, e non solo nel weekend. Ho sentito LA MANCANZA di mia figlia. Se vogliamo, non è stato altruismo, ma egoismo: IO volevo stare di più con mia figlia, al di là di cosa potesse essere meglio per lei. Volevo portarla a danza e a nuoto, e volevo aspettarla dopo la scuola.
    Ecco, poi devo precisare che nel mio caso alla voglia di stare di più con mia figlia si è aggiunta anche la consapevolezza di voler fare altro (scrivere): in qualche modo essere mamma e non riuscire nella conciliazione mi ha fatto scoprire un’altra Valentina, che mi è piaciuta molto di più. E oggi infatti non faccio solo la mamma: ho rinunciato alla carriera che avevo costruito nei dieci anni precedenti, ho fatto tabula rasa e ora faccio collaborazioni ad un livello bassissimo, come se fossi appena uscita dall’università (e ho colleghi ragazzini e io mi sento una vecchietta), con uno stipendio decisamente più basso, ma sono mille volte più felice perché faccio qualcosa che mi piace profondamente e ho una flessibilità tale da poter fare un sacco di cose con mia figlia.
    In ogni caso, qualsiasi cosa intendiamo per carriera, in Italia gli orari e le modalità del lavoro sono troppo rigidi, e conciliare lavoro e famiglia è difficilissimo. Come dici anche tu, l’esempio ci arriva dai paesi nordici, ma lì c’è una cultura, un concetto di rispetto delle regole e delle persone che in Italia abbiamo in minima parte, e arrivare a quel punto sarà un cammino lungo e incasinato.
    Per quanto riguarda l’esempio da dare ai nostri figli, io credo che l’esempio più importante sia la felicità: se i nostri figli ci vedono felici, cercheranno di esserlo in tutti i modi. Per questo credo che tutti debbano fare (se possono, ovviamente) quello che vogliono: perché devono cercare come prima cosa la felicità.
    Sai, credo che, oltre alla rigidità del mondo del lavoro, in Italia faccia male alle mamme la mentalità del “devi fare”: “devi allattare per anni se no non sei una buona mamma”, “devi passare tanto tempo con i tuoi figli se no non sei una buona mamma”, ma anche “devi continuare a lavorare e fare carriera se no non sei una donna completa”. Sembra sempre che una mamma sia messa sotto esame, e anche qui hai super ragione: nessuno si fa tutte queste domande sui papà (nel Nord Europa ovviamente è molto diverso).
    Se avete voglia di leggere tutto il processo della mia decisione potete leggerlo qua: http://www.bellezzarara.it/2012/08/conciliazione-tra-lavoro-e-famiglia.html
    Argomento vastissimo: dovremmo aprire una tavola rotonda virtuale e parlarne continuamente! 🙂
    Ciao!
    ps: scusa, ho scritto un poema…

  2. Manu condivido pienamente quello che scrivi tu e il commento di Valentina.
    Il nome del mio blog la dice lunga, io non ho rinunciato al mio lavoro, che amo, ho solo ricominciato, da capo, modellandolo sulle esigenze della mia famiglia. Sono stata fortunata rispetto a tante donne, lo so, ma in qualsiasi caso, anche se la mia vita avesse preso un’altra strada, MAI e poi MAI avrei rinunciato al mio lavoro, carriera che sia…!

  3. ManuAcrobata

    Il vero problema è la mancanza di poter realmente scegliere, non ci sono le condizioni e non c’è la cultura.
    Qualsiasi cosa tu faccia, in questa società, sbagli perché sei una mamma. Sbaglia se vuoi continuare a lavorare (oh poveri figli che cresceranno disadattati), sbagli se vuoi restare a casa con loro (oh povera te che dopo tutti gli anni a studiare molli tutto per fare la mamma).
    Io davvero mi auguro che qualcosa cambi nel mentre le mie figlie diventeranno adulte, anche se cambiare la mentalità di una società è uno dei cambiamenti più lenti che ci siano….

  4. Io ho perso il lavoro di grafica quando son rimasta incinta della mia prima figlia che ora ha 4 anni e mezzo ed è la sorella maggiore di una di 2mesi.ho studiato x fare il mio lavoro,mi son laureata al dams e non ho mai fatto un altro lavoro. La nascita delle mie bimbe e la crisi del momento han cambiato le mie priorità.non mi interessa più far carriera ma veder crescere le piccole. E poi volente o nolente non sono poi così richiesta visto che nel pacchetto porto 2bimbe,il raffreddore,un vomitino,una
    riunionee solastica o un morbillo.le aziende non mi permettono di rientrare nel mondo del lavoro, convinte che io come molte altre mamme, non sia più in grado di lavorare solo perchè ho
    delle figlie. Credo che sia per questo che il desiderio di carriera mio sia scemato. Son arrivata a desiderare un lavoro qualsiasi. Poi, visto che è diventato difficile pure trovarr il lavoro qualsiasi, con il mio compagno ci siamo inventati http://www.networkmamas.it si tratta di un sito in fase di avvio che permetterà alle mamme che fanno lavori svolgibili online di lavorare da casa conciliando figli e famiglia e salvaguardando l’indipendenza economica. Che tra l’altro, è una cosa che, venendo a mancare, mina la serenità di coppia.

  5. Ciao!
    Sono capitata qui per caso e per curiosità.
    Io sono una studentessa universitaria prossima alla laurea. Non ho figli e non ho in progetto di averne a breve.
    Riflettevo oggi con due colleghe/amiche di lavoro su questo argomento.
    Trovo che più che egoismo e felicità bisogna parlare di indipendenza. Credo che i genitori oggi non conoscano questa parola.
    Dovremmo educare i nostri figli ad essere indipendenti. Prima ancora di mettersi la mano davanti alla bocca quando sbadigliano.
    Invece si parla solo di “prendersi cura”, “proteggere”. Vedo mamme esprimere il loro amore per i figli in modo esagerato e morboso. Rispecchiare ogni mancanza loro sui figli. Anche le madri più normali della terra svuotano tutto ciò che loro non sono state sui figli. Lasciamoli liberi sti figli.
    Quindi dico SI alla carriera. Perché i genitori sono dei modelli. E se si cresce con genitori impegnati, attivi, indipendenti e che lasciano liberi i figli si è persone più attive, più sveglie, più smart.

    Inoltre, anche se ci ostiniamo a non vederlo, leggendo la nostra Costituzione capiamo come il lavoro già nel 1948 viene ritenuto come elemento formante di una persona, come elemento di socializzazione, di completezza. Non è solo retribuzione e produttività.
    Perché una persona che lavora, che è impegnata, è completa. Quindi non si è mai mamme al 50% o lavoratrici al 50%.
    Penso che non siamo nati per avere una vita monotona dove la massima emozione è aspettare il primo dentino di tua figlia. Il primo dentino arriverà, come per tutti i bambini, e quello di tua figlia lo vedrai perché anche se eri troppo stanca e non te ne sei accorta ieri o l’altro ieri o una settimana fa, te ne sei accorta oggi. Ma c’è. L’importante è il risultato. La tua piccola cresce. E sarà una meravigliosa sorpresa e non un evento temutissimo che aspettavi da 3 mesi!

    Credo che il lavoro occupi quello spazio che porta molte donne alla depressione. È formante. Si completa con la famiglia.
    Credo sia una specie di catena. Il buco del lavoro va sostituito se non c’è. Se non si trova il sostituto, la catena si inceppa.

    Sul punto dello Stato sociale mi esprimo poco per non farvi venire i fumi. Dico solo che in Francia, primo stato sociale d’Europa, danno un assegno di 400 euro circa alla donna dal 6 mese di gravidanza. Ho detto alla DONNA, non alla lavoratrice.

    Complimenti per il post.

    Baci. Sara.

    • Sara,
      prima di tutto mi preme dirti che io prima di avere mia figlia avrei scritto esattamente la stessa cosa che hai scritto tu. Questo non per dirti che non puoi capire perché non hai figli, ma semplicemente per dirti che nella vita si può anche cambiare idea, e quando si diventa mamme a volte succede.
      Detto questo, scusami ma non riesco a trovare il collegamento fra rendere indipendenti i figli e lavorare. Perché si può benissimo educare all’indipendenza i figli anche senza lavorare. E perché a volte quando lasci i figli per andare a lavorare ti capita di lasciarli a persone che tutto fanno tranne renderli indipendenti. E con questo intendo soprattutto i nonni, molti dei quali sono bravissimi ma spesso viziano molto.
      Ti dirò di più: da quando io ho cominciato a lavorare da casa sono riuscita ad osservare meglio mia figlia e a capire cosa le servisse di più per diventare indipendente. Cosa che prima i nonni e le tate non facevano.
      Poi, sai, io conosco mamme che non lavorano e hanno milioni di impegni e di passioni e proprio per questo sono dei buoni esempi per i figli. L’importante, come ho scritto prima, è LA FELICITA’. Ai figli bisogna insegnare ad essere felici. Anche perché scusa, chi dice che i figli vogliano per forza fare questa fantomatica carriera? Perché devo convincere mia figlia e insegnarle che sia giusto essere una supercarrierista sgomitante (come ero io prima), quando magari lei vorrà fare altro? Non è meglio mettere al centro i figli e pensare alla loro serenità? E soprattutto ascoltarli?
      Di nuovo, proprio perché dipende da con chi crescono al posto dei genitori, non è assolutamente detto che i figli di genitori che lavorano siano tutti smart…mi sembra abbastanza un luogo comune.
      Riguardo all’essere mamme al 50% o lavoratrici al 50%…beh, qua sì, mi spiace, mi tocca dirti “non puoi dirlo perché non sei mamma”. E’ una sensazione che io facevo fatica a capire PRIMA, e che anzi – come te – contestavo. Ma credimi, esiste. Succede. E non è che faccia proprio piacere.
      Ma poi soprattutto, Sara: ma perché le donne devono sempre essere giudicate? Perché scrivi che si è completi solo se si lavora, e che sia “monotono” aspettare con gioia che nasca il primo dentino? Potrà non piacerti come prospettiva, ma perché non accettare che ad altri succeda? L’importante, mi dispiace, non è il risultato. Avere figli non è un esame universitario, di cui conta il voto finale. Avere figli è un’esperienza continua, fatta di giorni e di ore, di dentini, e anche – ti stupirà – di felicità perché tua figlia ha fatto la cacca nel vasino. Perché non puoi accettare che ci siano donne felici di vivere ogni minuto dell’avere figli?
      Ultima cosa: io non so dove andrai a lavorare tu, ma “carriera” non vuol dire sempre la stessa cosa. Quando vuol dire 12 ore in ufficio come fai a pensare che sia semplice conciliare tutto? Io ti auguro di trovare un lavoro in cui riuscirai ad essere felice soddisfatta, completa, e piena di contatti e in grado di socializzare ogni giorno. Però sappi che in Italia non è sempre così. Anzi. Spesso è solo ed unicamente un mezzo per portare uno stipendio a casa, punto.
      In ogni caso, davvero, BASTA giudicare le donne. Le persone in generale, ma soprattutto le donne. Basta. Ognuno faccia la propria vita e cerchi di essere felice.

      • [quote name=”Valentina Stella”]Sara,
        prima di tutto mi preme dirti che io prima di avere mia figlia avrei scritto esattamente la stessa cosa che hai scritto tu. Questo non per dirti che non puoi capire perché non hai figli, ma semplicemente per dirti che nella vita si può anche cambiare idea, e quando si diventa mamme a volte succede.
        Detto questo, scusami ma non riesco a trovare il collegamento fra rendere indipendenti i figli e lavorare. Perché si può benissimo educare all’indipendenza i figli anche senza lavorare. E perché a volte quando lasci i figli per andare a lavorare ti capita di lasciarli a persone che tutto fanno tranne renderli indipendenti. E con questo intendo soprattutto i nonni, molti dei quali sono bravissimi ma spesso viziano molto.
        Ti dirò di più: da quando io ho cominciato a lavorare da casa sono riuscita ad osservare meglio mia figlia e a capire cosa le servisse di più per diventare indipendente. Cosa che prima i nonni e le tate non facevano.
        Poi, sai, io conosco mamme che non lavorano e hanno milioni di impegni e di passioni e proprio per questo sono dei buoni esempi per i figli. L’importante, come ho scritto prima, è LA FELICITA’. Ai figli bisogna insegnare ad essere felici. Anche perché scusa, chi dice che i figli vogliano per forza fare questa fantomatica carriera? Perché devo convincere mia figlia e insegnarle che sia giusto essere una supercarrierista sgomitante (come ero io prima), quando magari lei vorrà fare altro? Non è meglio mettere al centro i figli e pensare alla loro serenità? E soprattutto ascoltarli?
        Di nuovo, proprio perché dipende da con chi crescono al posto dei genitori, non è assolutamente detto che i figli di genitori che lavorano siano tutti smart…mi sembra abbastanza un luogo comune.
        Riguardo all’essere mamme al 50% o lavoratrici al 50%…beh, qua sì, mi spiace, mi tocca dirti “non puoi dirlo perché non sei mamma”. E’ una sensazione che io facevo fatica a capire PRIMA, e che anzi – come te – contestavo. Ma credimi, esiste. Succede. E non è che faccia proprio piacere.
        Ma poi soprattutto, Sara: ma perché le donne devono sempre essere giudicate? Perché scrivi che si è completi solo se si lavora, e che sia “monotono” aspettare con gioia che nasca il primo dentino? Potrà non piacerti come prospettiva, ma perché non accettare che ad altri succeda? L’importante, mi dispiace, non è il risultato. Avere figli non è un esame universitario, di cui conta il voto finale. Avere figli è un’esperienza continua, fatta di giorni e di ore, di dentini, e anche – ti stupirà – di felicità perché tua figlia ha fatto la cacca nel vasino. Perché non puoi accettare che ci siano donne felici di vivere ogni minuto dell’avere figli?
        Ultima cosa: io non so dove andrai a lavorare tu, ma “carriera” non vuol dire sempre la stessa cosa. Quando vuol dire 12 ore in ufficio come fai a pensare che sia semplice conciliare tutto? Io ti auguro di trovare un lavoro in cui riuscirai ad essere felice soddisfatta, completa, e piena di contatti e in grado di socializzare ogni giorno. Però sappi che in Italia non è sempre così. Anzi. Spesso è solo ed unicamente un mezzo per portare uno stipendio a casa, punto.
        In ogni caso, davvero, BASTA giudicare le donne. Le persone in generale, ma soprattutto le donne. Basta. Ognuno faccia la propria vita e cerchi di essere felice.[/quote]

        Forse non ho spiegato bene cosa intendevo dire…per indipendenza intendo anche quella dei genitori verso i figli. Un conto è “attendere con gioia” il primo dentino, un altro è che sia un evento temutissimo, l’ansia capisci?
        Una donna impegnata, che lavora, non ha tempo di farsi prendere dall’ansia. Ergo è una donna indipendente. Che può meglio insegnare l’indipendenza ai figli, perché questi saranno costretti ad essere indipendenti e perché questi crescono con un faro davanti di una mamma che non è sempre fisicamente presente, ma è una donna che riesce a conciliare tante cose, bene o male. Ecco perché ho parlato di vita monotona, si rischia il monotema, davvero. Luoghi comuni ma ancora non smentiti.

        E, purtroppo, le donne vengono giudicate perché a volte sono ridicole.

        La felicità credo sia insita nelle persone. O no?

        • Sara, sono luoghi comuni non smentiti per te, nella tua vita. Ti assicuro che una donna che non lavora può essere impegnatissima. Può avere un sacco di passioni che la portano a stare lontana dai figli. Non è solo il lavoro a renderci “impegnati” (fortunatamente).
          Soprattutto perché non tutti i lavori sono appassionanti e belli…ci sono anche donne che si alzano alle 6 del mattino e si ritrovano davanti ad una linea in fabbrica e avvitano bulloni tutto il giorno. Secondo te non sarebbero più felici e meno frustrate in casa, magari a fare qualcosa che costituisca davvero la loro passione? Io avevo un lavoro meraviglioso ed esaltante, ma ricordiamoci che ci sono anche donne che non sapranno mai cosa sia la carriera, e che sopporteranno sempre il loro lavoro perché non potranno farne a meno.
          No, la felicità non è insita nelle persone. Almeno, non in tutte. Diciamo che è insita in quelle fortunate, ma normalmente la felicità bisogna andarsela a cercare tutti i giorni.
          E no, non è giusto giudicare le donne ANCHE SE sono ridicole. Non è giusto giudicare nessuno. Per me non lo sarà mai. Giudicare fa male alle persone. A chi viene giudicato ma anche a chi giudica.

          • Ora capisco che ti senti toccata personalmente. Sappi che non era mia intenzione giudicare te personalmente anche perché non ti conosco né mi sento autorizzata a sentenziare sulle tue scelte.
            Anzi, rispetto le tue scelte e le tue idee. Ci mancherebbe.

            Per il resto, si parla di carriera e purtroppo quelle donne che lavorano per lo stipendio non credo si pongano i problemi di cui stiamo discutendo. Nemmeno hanno il tempo di discutere.

            Saluti.

          • ma no, figurati. è solo che avendo vissuto le due situazioni, ho capito cose che prima, da mamma in carriera, non capivo, e anzi giudicavo.
            sì, hai ragione: quelle che lavorano per lo stipendio non hanno il tempo di discutere, ed è soprattutto per loro che bisogna lottare perché ci siano politiche di welfare più intelligenti.
            ciao!

  6. Lauracrobata

    Lo sai vero Sara che molte penseranno “beh ma lei non può capire perché non ha figli”!
    Io ti dico che mo’ hai dato una di quelle dosi di ottimismo che non trovavo da tempo. Una visione chiara, lucida e molto sensata del tema!! Brava e grazie

    • [quote name=”Lauracrobata”]Lo sai vero Sara che molte penseranno “beh ma lei non può capire perché non ha figli”!
      Io ti dico che mo’ hai dato una di quelle dosi di ottimismo che non trovavo da tempo. Una visione chiara, lucida e molto sensata del tema!! Brava e grazie[/quote]

      Grazie mille a te!!! Mi fa molto piacere averti trasmesso ottimismo. Non solo le mamme possono aiutare le mamme. Io sono una zia, per esempio! Certo, sapevo a cosa andavo incontro. 😉 Ma ora leggo esperienze molto interessanti e pareri di mamme che non sono lontani dal mio. Forse non ho idee completamente sbagliate!

  7. LaurAcrobata

    Una mamma in carriera in Italia si porta dietro i default il preconcetto “bimbi anbandonati a loro stessi o i balia di chissà chi”. Non ci si pone nemmeno il problema he magari il padre possa mettere da parte parte della sua “realizzazione professionale” per dedicarsi maggiormente alla famiglia… Da molti verrebbe considerato un “uomo a meta’” o ancora peggio un “mammo” come se questa parola avesse una qualche negatività intrinseca. Non si pensa che i nonni comunque possono rappresentare oggi un patrimonio educativo e un arricchimento affettivo enorme, parte attiva della famiglia. Quando si dice che i nonni devono fare i nonni mi va bene ma io ho di fronte due chiari esempi (mia madre ma ora anche mio padre che e’ andato in pensione) che si occupano dei bimbi con allegria, simpatia, affetto ma anche un certo rigore trovo non ci sia niente di male e che per un bambino rappresenti solo un arricchimento.
    Detto questo basta davvero con la teoria del “piu’ ore stai in ufficio e piu vali”davvero questa visione e’ fuori da ogni logica e direi anche ogni “attualità”!!

  8. Ciao Manuela.
    Leggo il tuo post mentre in questi giorni mi arrivano racconti di amiche e di conoscenti sia sul web che nella vita reale, che sul lavoro hanno dovuto prendere un’altra decisione: diventate madri da poco, si vedono convocare con la chiara richiesta di rinunciare ai propri diritti per vedere assicurata una continuità di carriera. In queste settimane ho collezionato una serie di storie di donne a cui si è posta insomma un’altra questione: se vuoi continuare a crescere professionalmente con noi, metti da parte questi stupidi benefici di legge che si accompagnano alla maternità e comportati da uomo!
    Sarà un caso? Sarà la crisi? Molte donne di fronte all’evidente disparità di trattamento con i colleghi di sesso maschile, rinunciano, si arrendono. Scelgono di stare a casa per non scegliere una carriera che non prevede di avere una vita oltre l’orario di lavoro, scelgono di stare a casa perché altro non possono fare in un paese come il nostro dove sono proprio le donne che sul lavoro, hanno già costituito due fazioni opposte: quelle coi figli che a fine orario vorrebbero staccare e andare a casa e quelle che, senza figli, a fine orario ci tengono a ostentare la loro abnegazione non avendo problemi a restare anche fino a tardi.
    E allora se mi poni la stessa domanda che hanno posto a te, sai io che ti rispondo? Dipende dall’ambiente di lavoro, perché a volte se la partita è persa in partenza forse è meglio rinunciare, forse è meglio stare a casa per non perdersi i figli.
    C’è speranza di crescita in un paese come il nostro, dove la realtà economica è fatta da imprese medio piccole, molto spesso padronali con una dirigenza che non ha acquisito nessun tipo di messaggio sul tema della conciliazione famiglia e lavoro, dove il maschilismo è reale e tangibile? Io personalmente non ho molta fiducia, e per le mie quattro figlie ti dico la verità vedrei bene una vita vissuta all’estero piuttosto che qui.

  9. Premesso che con il termine “carriera” ho sempre inteso, nella sua accezione più semplice, l’avanzamento di livello all’interno di una azienda, con conseguente aumento di responsabilità e di remunerazione, per me fare carriera è legato a doppio filo con un aumento di gratificazione e un interesse sempre più appassionato per quello che faccio.
    Dato che, raggiunti certi livelli professionali, il lato economico non è più una leva, ho sempre pensato che senza passione rinuncerei volentieri alla carriera, non solo per i filgi, ma per più tempo libero, per godermi il mio compagno, per un hobby o per qualsiasi altra cosa mi dia più stimoli.
    Perciò sì, rinuncerei alla carriera per i figli, se non fosse gratificante.
    Ma poniamo invece che lo sia, che una donna, madre, dopo anni di studio e sacrifici inizi a vedere i risultati e le gratificazioni che aspettava da tempo, e che provi ancora passione per il suo lavoro. Penso che sia il caso di molte di noi mamme “in carriera”. In questo caso, anche se triste ed avvilente, si porrebbe la questione della scelta. Le due cose, in questo Stato, ma ho il sospetto anche in altri Stati, non potrebbero coincidere.
    Con il mestiere di mamma si può conciliare un lavoro part time, un lavoro dalle 9 alle 17, un lavoro senza responsabilità, ma non quello di una donna in carriera, con responsabilità, reperibilità h24, raggio d’azione spesso su territorio nazionale e oltre.
    Appena rientrata dalla maternità, avevo già deciso di fare un passo indietro nella mia carriera, per ridurre gli impegni, le responsabilità, le trasferte, l’orario di lavoro, le riunioni serali interminabili sui budget. La cosa avvilente è che non c’è stato alcun bisogno di aprir bocca. Il mio capo, pur mantendomi il ruolo, mi ha deresponsabilizato e “detronizzato” sostituendomi con un collega (maschio, ovviamente) e giustificando (non de visu, ovviamente) la scelta con la mia assenza prolungata (7 mesi e mezzo).
    Dover scegliere è avvilente, ma scoprire, come spesso accade, che in realtà una scelta non esiste, lo è ancora di più.

  10. cristina

    Condivido in pieno il post….non saprei se definirmi in carriera o meno, di certo amo il mio lavoro……..e riesco a far tornare il bilancio famiglia – lavoro solo grazie ai miei genitori che si sostituiscono ai servizi e alla cultura che in Italia manca permettendomi di fare tutto………amano spesso ripetere che i bambini (2 e 4 anni) stanno crescendo come sono cresciuti loro in un contesto allargato fatto di nonni, zie, come è stato per loro negli anni 50 nel cortile sotto casa……..ovviamente i miei bambini sono felici e contenti e più che la televisione stanno nell’orto con il nonno o si danno all’atelier di pittura con la nonna…….

  11. Francyacrobata

    Io penso che la domanda che ti hanno posto, Manu, sia troppo “facilona”, sensazionalistica e leggera.
    Una domanda da televisione alla quale ci sono mille risposte e di sicuro non riassumibili in 2 minuti davanti a una telecamera.
    Io lavoro, come sai, part time. E ho trovato in questa soluzione (che purtroppo non è definitiva, ma rinnovata e rinnovabile) la soluzione ideale per me.
    Ho provato per un breve periodo a lavorare di nuovo full time. E mi sono sorpresa motivata e felice, MA mi mancava la quotidianità di mio figlio. Mi mancava sapere cosa stava facendo, vedere il suo sorriso. Il suo abbraccio nel prenderlo a scuola, le coccole del pomeriggio. Non sindaco che altri, come qualcuna ha scritto, possano educare mio figlio MEGLIO di me. Ma sono sua madre e voglio viverlo. E viverlo 2 ore prima che dorma alla sera per me non è abbastanza. Forse non riesco a capire perchè non ho un lavoro appassionante, può darsi, ma quando vedo donne, mamme, che escono di casa la mattina alle 7, rientrano alle 20 e il sabato magari vanno a farsi un giro perchè giustamente c’è il parrucchiere o la palestra, io da mamma anni ’50 quale forse sono, mi chiedo. MA come fanno? e la seconda domanda che mi pongo è “E’ veramente giusto mettere al mondo dei figli per infilarli in agenda tra un impegno e l’altro?”. So che mi sgozzerete. Ma io questo me lo chiedo e penso veramente, da mamma, che se avessi avuto un lavoro così strabiliante da stare fuori ogni giorno 12 ore, weekend – a volte – compresi, avrei deciso di non avere figli. Poi mai smetterei di lavorare, spero di non doverlo mai fare, ma non potrei mai accettare un lavoro che mi impegni a tal punto da vivere senza vivere la mia creatura. Saluti

    • No che non ti sgozziamo! 🙂 Io ero (a parte il parrucchiere, perché ci vado pochissimo…) come quelle mamme che infilano i figli in agenda fra un impegno e l’altro, però ho retto poco: come dici tu, volevo vivere di più mia figlia. mi mancava. e ho cambiato tutto. Sono anche andata in crisi quando me ne sono resa conto, perché pensavo che avrei dedicato alla carriera tutta la mia vita. E invece ha vinto il mio essere mamma, ha vinto mia figlia, molto semplicemente. E ora sono molto più felice di prima 🙂

  12. Voglio dirti solo grazie! Perché quando una donna ha il coraggio di dire e scrivere parole “impopolari” ne aiuta altre 100. Io personalmente ho cominciato 5 anni fa a combattere contro gli stereotipi e da allora non ho mai smesso. Ho lasciato la carriera da export manager perché stare sempre in giro per il mondo sarebbe stato per me poco conciliabile con la mia personale visione della famiglia. Ma non ho rinunciato alla carriera in assoluto. Ho cercato e pensato ad un’alternativa che mi avesse permesso di gestire la mia vita il più vicino possibile alle mie aspirazioni e necessità e ne è nata una piccola ditta individuale che oggi è una SRL che dà lavoro ad altre 10 mamme. Un’azienda dove i principi fondamentali sono: prima la famiglia poi tutto il resto e senso della responsabilità e serietà nei confronti del lavoro. Nonostante questo mi trovo ancora a combattere con le ripicche di chi (forse per invidia?) cerca di mettermi i bastoni tra le ruote, mi giudica negativamente e mi guarda con irritazione. E indovinate chi sono? Le DONNE, non gli uomini, le altre donne. Il punto per me è che non esiste una scelta giusta o una scelta sbagliata esiste solo la necessità di proteggere il Diritto di Scegliere e il rispetto reciproco della propria scelta.

    • ManuAcrobata

      Esatto Cecilia, il DIRITTO DI SCEGLIERE, quello va tutelato e garantito.

  13. ciao
    che bello leggere questo articolo. GRAZIE.
    si perchè poter dire che ci sono donne che tengono al proprio lavoro anche se hanno figli.. e dirlo ad alta voce… è un sintomo di coraggio.
    in questa società dove si crede che le donne devono stare a casa a far la calza altrimenti sono delle mamme snaturate, non si puo’ dire il contrario. allora mi chiedo perchè le donne possano studiare o laurearsi. a fare cosa mi chiedo io? tanto poi appena fanno un figlio devono licenziarsi e fare le casalinghe!!!!
    io non ci sto. io ho studiato, ho lavorato, tanto, ho rinunciato a tante cose per diventare qualcuno ed essere soddisfatta del mio lavoro.
    ora ho un bel posto di lavoro, pagato bene, ho un lavoro sicuro (e in questa Italia è un miraggio). ho una figlia ed ho provato a chiedere un orario differenziato o un avvicinamento a casa e mi è stato risposto di no.
    che faccio???? mi licenzio????? e poi?????

    e quindi ho chiesto aiuto ai nonni, ho chiesto l’orario prolungato all’asilo, vedo mia figlia pochissimo durante il giorno, per contro ho il mio lavoro e la mia soddisfazione.
    e’ vero, do a mia figlia solo due ore la sera. ma sono due ore solo per lei! qualità al posto di quantità.
    ho amiche che fanno le casalinghe e non ne possono piu’ di tenere i loro figli…. non li sopportano… e ci credo!
    io invece la vedo cosi’ poco che la adoro. la coccolo. la ascolto.
    e poi il week end è solo per lei.
    ma sono proprio cosi’ sbagliata?
    eppure la mia piccolina è cosi’ solare, cosi’ tranquilla, cosi’ serena, cosi’ simpatica. ma veramente le staro’ creando un trauma? no, io non credo. io credo che sia importante che lei abbia una mamma serena che le trasmetta la serenità, realizzata e che le trasmetta la voglia di realizzarsi a sua volta.
    io sto bene cosi’. lei sta bene cosi’.
    rinuncio alla carriera per un figlio? NO.

  14. laurAcrobata

    quando dice che

    Il primo dentino arriverà, come per tutti i bambini, e quello di tua figlia lo vedrai perché anche se eri troppo stanca e non te ne sei accorta ieri o l’altro ieri o una settimana fa, te ne sei accorta oggi. Ma c’è. L’importante è il risultato. La tua piccola cresce. E sarà una meravigliosa sorpresa e non un evento temutissimo che aspettavi da 3 mesi!

    Dovremmo convinrcene anche noi mamme!!!

    • ma sì, anche io sono d’accordo, ma sono anche convinta che se a una mamma importa vedere il dentino spuntare…che male c’è? ognuno è libero di fare ciò che vuole…
      e poi, ripeto, decidere di stare a casa non vuol dire sempre stare addosso ai figli 24 ore su 24. anche quello è un pregiudizio, pensare che le mamme che non lavorano vizino i figli e siano soffocanti.

      • laurAcrobata

        [quote name=”Valentina Stella”]ma sì, anche io sono d’accordo, ma sono anche convinta che se a una mamma importa vedere il dentino spuntare…che male c’è? ognuno è libero di fare ciò che vuole…
        e poi, ripeto, decidere di stare a casa non vuol dire sempre stare addosso ai figli 24 ore su 24. anche quello è un pregiudizio, pensare che le mamme che non lavorano vizino i figli e siano soffocanti.[/quote]

        Ceto che si Valentina…io non mi riferivo specificamente a quella parte. Per me le mamme che fanno le mamme e basta hanno pure una gran fortuna se è quello che vogliono fare e se possono permetterselo.
        Detto questo io da mamma lavoratrice dico che sono contenta di leggere questo perchè abbassa un po’ il mio senso di colpa!
        🙂
        Scherzi a parte spesso siamo proprio noi a rendere tutto troppo complicato e pesante. Ecco tutto. E a sentirci mamme a metà! Cosa che non siamo!

        • Sì, forse a volte siamo noi che ci facciamo troppi problemi, ma molto spesso è tutto ciò che ci circonda che ci condiziona (troppo)! 🙂

  15. é come dici tu bisogna cambiare la mentalità, mia mamma e mia sorella vivono in Olanda dove é impensabile che una donna non lavori e nonostante abbia avuto una mamma che lavorarva io abito al sud Italia e ho rinunciato alla carriera per i figli perché a queste condizioni é impensabile poter fare entrambe le cose!

  16. Mammasidiventa

    Per quella che è la mia esperienza e l’esperienza delle mamme amiche/conoscenti che mi circondano, la scelta fra famiglia e carriera (non lavoro, si badi bene, ma carriera lavorativa) rapppresenta una tappa obbligata. Se hai figli e vuoi seguirli nella loro crescita e nel loro sviluppo evolutivo, non puoi stare fuori casa 12 ore al giorno come invece ti impone l’azienda in cui ricopri un incarico di rilievo e di responsabilità. Viceversa se vuoi continuare ad essere al top al lavoro devi costantemente delegare l’accudimento e l’educazione dei figli e per questo devi essere circondata da una fitta rete composta da nonni/asilo nido/baby-sitter (e a volte, se si torna a casa tutte le sere alle 21 dopo essersene andate via alle 8 della mattina, nemmeno è sufficiente). Purtroppo intorno a me esempi di felice ed equa concilazione non esistono. Sarò sfiga, ma qui esiste solo un bivio.

  17. Mammasidiventa

    Per quella che è la mia esperienza e l’esperienza delle mamme amiche/conoscenti che mi circondano, la scelta fra famiglia e carriera (non lavoro, si badi bene, ma carriera lavorativa) rapppresenta una tappa obbligata. Se hai figli e vuoi seguirli nella loro crescita e nel loro sviluppo evolutivo, non puoi stare fuori casa 12 ore al giorno come invece ti impone l’azienda in cui ricopri un incarico di rilievo e di responsabilità. Viceversa se vuoi continuare ad essere al top al lavoro devi costantemente delegare l’accudimento e l’educazione dei figli e per questo devi essere circondata da una fitta rete composta da nonni/asilo nido/baby-sitter (e a volte, se si torna a casa tutte le sere alle 21 dopo essersene andate via alle 8 della mattina, nemmeno è sufficiente). Purtroppo intorno a me esempi di felice ed equa concilazione non esistono. Vivrò in un contesto sfortunato, ma io vedo e sperimento solo bivii.