Sempre più frequentemente si sente dire che i genitori di oggi non sono in grado di mettere limiti ai propri figli e spesso non si tratta solo di un luogo comune.
Al di là di esempi un po’ estremi di genitori letteralmente tiranneggiati da figli che chiedono sempre di più e urlano sempre più forte se mamma e papà non comprano immediatamente ciò che desiderano, c’è un folto sottobosco di famiglie che stanno sempre meno tempo con i propri bambini perché occupati tutto il giorno al lavoro e quando tornano la sera proprio non ce la fanno a fare quelli che devono frustrare e dispiacere il piccolo con un no o che lo devono mandare a letto presto perché il giorno dopo c’è scuola (se il bambino va a letto subito dopo cena, i genitori quando stanno insieme a lui?).
Si mangia solo a tavola, si tiene la TV spenta da una certa ora, si va a letto alle 21, non si mangia la cioccolata dopo essersi già lavati i denti…
Così, le tipiche regole dell’infanzia, diventano dei colabrodo, da cui passano più eccezioni che altro.
Il risultato, tutt’altro che entusiasmante, è quello di mandare il messaggio ai figli che i genitori sono fragili e basta un urlo o un piantino per far loro cambiare idea.
Poco male se il piccolo ha 2 o 3 anni, un po’ meno esaltante quando inizia a crescere e ad avere 7, 8 o magari 12 anni perché a quel punto la modalità del figlio di reagire alla frustrazione o alla rabbia perché inaspettatamente vogliamo che venga rispettata una regola che solitamente facciamo infrangere non sarà così blanda, ma infarcita magari di parolacce e di porte sbattute. E così ecco arrivare genitori disperati in consultazione perché non sanno più come farsi ascoltare e rispettare dai figli adolescenti.
Cosa si può fare?
Fissare le regole
ricordiamoci che decidere delle regole e farle rispettare non è imporre sadicamente a nostro figlio la nostra autorità, ma semplicemente strutturare la vita quotidiana in maniera prevedibile e ben gestibile. Se in casa nostra non ci fossero regole sugli orari dei pasti, su dove si mangia o si dorme, su dove si mettono i vestiti sporchi o le pentole, si creerebbe rapidamente un caos ingestibile.
Iniziare a dare delle regole di comportamento ai nostri figli è insegnare loro a stare in comunità, rispettando se stessi e gli altri e adattandosi alle norme riconosciute da tutti. Quando usciranno di casa, se non avranno imparato che sono loro che si devono adattare alle regole del luogo dove si muovono, ma continueranno ad aspettarsi che sia il luogo che si adatta sempre e solo a loro, andranno probabilmente incontro a difficoltà di adattamento a scuola.
Essere coerenti
Mantenere costanti i sì e i no non vuol dire essere rigidi, ma costruire la nostra credibilità agli occhi di nostro figlio, fondamentale perché lungo tutto il suo percorso di crescita possa sapere cosa aspettarsi da noi senza andare in confusione e perdere fiducia in noi.
Insegnare a gestire la frustrazione
Imparare fin da piccoli ad adeguarsi a piccole regole di convivenza vuol dire costruire la capacità emotiva di tolleranza alle frustrazioni, un elemento estremamente protettivo contro il frantumarsi di molti ragazzi di oggi contro la prima difficoltà o la prima delusione o rifiuto.
Sì alle eccezioni, ma solo se motivate
Le eccezioni possono esistere, ma proprio perché eccezioni devono avere carattere di straordinarietà e devono essere motivate ai bambini in modo che possano capire perché stavolta facciamo una deroga alla regola e perché invece la prossima volta la regola varrà.
Me lo compri?
Infine una riflessione sul dire no ai continui “me lo compri?”: dare regole precise su quando e cosa si può acquistare e cosa no non deve essere deciso solo sulla base delle possibilità economiche della famiglia, ma anche e soprattutto sulla base del principio educativo che sottende ciò, ovvero insegnare il valore del denaro e, nuovamente, insegnare ad attendere (magari invitando il bambino a chiedere quel regalo a Babbo Natale o per il compleanno) e quindi a tollerare la frustrazione di non avere tutto subito.
Questa competenza – l’attendere, l’accettare di non avere tutto nel momento stesso in cui ci viene voglia – la si apprende dai genitori, non si sviluppa da sola. Non investire tempo nell’insegnare questo ai bambini può essere molto rischioso quando, da adolescenti, saranno contornati da compagni sempre più pieni, ad esempiom di oggetti tecnologici costosissimi, acquistati di corsa da altri genitori incapaci di dire loro di no alla prima porta sbattuta.
Bibliografia:
Laniado N., Mamma, me lo compri?
Marcoli A., Il bambino arrabbiato, Mondadori
Mariani U., Schiralli R., Le emozioni che fanno crescere, Mondadori
Mariani U., Schiralli R., Mio figlio, Mondadori
Mariani U., Schiralli R., Mio figlio mi legge nel pensiero, Mondadori
Phillips A., I no che aiutano a crescere, Feltrinelli
Schiralli R.,Ti parlo ma non mi senti. Manuale di orientamento per genitori disorientati, Franco Angeli
Vegetti-Finzi S., A piccoli passi, Mondadori
photo credit: ND Strupler via photopin cc
2 Comments
Sottoscrivo pienamente tutto quanto scritto. E’ sempre stato difficile dire no ai propri figli e ancora più difficile è dire no ai propri nipoti. Però è fondamentale quando obiettivamente vengono sorpassati i limiti. “Non posso sentirlo piangere” – “Sto poco con lui/lei, come faccio a dirgli di no se vuole un gioco in più?” – “Vabbè ce l’hanno tutti i bambini perchè lui no?” – E così via per autogiustificare i nostri comportamenti che sappiamo benissimo essere scorretti e negativi per la crescita del bambino. Certo è molto più difficile dire “no” che “sì” ma prima di pronunciare queste piccolissime parole, proviamo a pensare qualche minuto alle conseguenze.
Pingback: Come cambiano i bambini a 6 anni?