Part time mamme: nuove opportunità per le lavoratrici

Mi è capitato moltissime volte, nella mia professione di avvocato, di essere contattata da lavoratrici madri che, al rientro al lavoro, dopo il periodo di astensione per maternità, mi chiedevano se vi fosse un modo per obbligare il datore di lavoro a trasformare il proprio contratto da full time a part time al fine di meglio conciliare le nuove esigenze familiari con quelle lavorative.

Purtroppo, a parte rare eccezioni previste in alcuni contratti integrativi, la maggioranza delle lavoratrici erano sprovviste di una tutela specifica riguardo il diritto di ridurre l’orario di lavoro, almeno nei primi anni di vita del bambino, ed il più delle volte questo vuoto normativo le costringeva a rinunciare al proprio posto di lavoro per occuparsi della famiglia.

Part time mamme: quali nuove opportunità?

La nuova disciplina del contratto a tempo parziale contenuta nel d.lgs. 81/2015, facente parte delle recenti riforme inserite nell’ormai noto Jobs Act prevede, finalmente, che:

le lavoratrici madri, oppure i lavoratori padri, potranno, seppur per un periodo limitato, richiedere al datore di lavoro la trasformazione del contratto da full time a part time. Il datore di lavoro sarà obbligato a dar corso alla predetta trasformazione entro quindici giorni dalla richiesta.

La novità più importante del contratto part time, infatti, è proprio quella che riguarda la possibilità per il genitore di richiedere, una sola volta, in luogo del congedo parentale previsto dal d.lgs. 151/2001, la trasformazione del rapporto a tempo parziale per un periodo corrispondente a quello dell’aspettativa spettante, con un limite di riduzione dell’orario del 50%.

Seppure la trasformazione da full time a part time rimane collegata alla durata massima del congedo parentale, la novità normativa introdotta è comunque fondamentale perché finalmente si cerca di portare avanti una politica a sostegno della conciliazione lavoro famiglia che ancora oggi in Italia è di difficile realizzazione.

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Le novità introdotte dal Jobs Act

La nuova normativa prevede altre modifiche al contratto part time che credo sia interessante accennare:

  • viene eliminata la distinzione tra part time “orizzontale, verticale o misto” prevedendo espressamente che la prestazione lavorativa può essere articolata su turni programmati;
  • in caso di mancata indicazione nel contratto di lavoro della durata della prestazione con riferimento al giorno, alla settimana, al mese o all’anno, il lavoratore può chiedere la conversione del contratto a tempo pieno.
  • l’orario di lavoro indicato in contratto può essere modificato solo tramite le cosiddette “clausole elastiche” (vengono eliminate le “clausole flessibili”), che consentono di variare sia la collocazione temporale dell’orario di lavoro, sia di aumentare la durata della prestazione lavorativa, attraverso –  ove non regolamentate dalla contrattazione collettiva – un accordo scritto tra le parti  (da stipularsi avanti alla commissione di certificazione con facoltà per il lavoratore di farsi assistere da un rappresentante sindacale o da un avvocato o da un consulente del lavoro) contenente le condizioni e le modalità per l’applicazione delle clausole elastiche. Una volta firmato questo accordo, il lavoratore può revocare il consenso solo se studente oppure affetto da patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative, se assiste persone con le predette patologie o se convive con figli di età non superiore a tredici anni o con figli con disabilità gravi.
  • al di fuori delle clausole elastiche concordate, la nuova disciplina si limita a precisare che il lavoro supplementare  cioè quello prestato in aggiunta all’orario ridotto di lavoro concordato – ove non disciplinato dal contratto collettivo di riferimento, può essere richiesto al lavoratore in misura non superiore al 25% delle ore di lavoro settimanali concordate (in precedenza era il 15%). Il lavoratore può rifiutare lo svolgimento del lavoro supplementare solo per comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale.
  • l’unica ipotesi in cui il rapporto di lavoro si trasforma di diritto da full time a part time, e viceversa, è nei casi in cui i lavoratori sono affetti da patologie oncologiche e da gravi patologie cronico-degenerative per i quali residui una ridotta capacità lavorativa. Nei casi, invece, di lavoratori che assistono persone conviventi affette dalle predette patologie ovvero di lavoratori che hanno figli di età non superiore a tredici anni o figli conviventi affetti da gravi disabilità la norma prevede il riconoscimento di una priorità nella trasformazione del contratto da tempo pieno a tempo parziale.
  • in caso di assunzione a tempo parziale il datore di lavoro è obbligato in ogni caso ad informare il personale già dipendente con rapporto a tempo pieno, occupato in unità produttive site nello stesso ambito comunale, anche mediante comunicazione scritta in luogo accessibile a tutti nei locali dell’impresa, ed a prendere in considerazione le domande di trasformazione a tempo parziale.
  • tutti gli altri lavoratori, invece, il cui rapporto di lavoro sia stato trasformato da tempo pieno a tempo parziale, hanno diritto di precedenza nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per l’espletamento delle stesse mansioni o di mansioni di pari livello.

Infine, è importante ricordare, che la trasformazione del rapporto da full time a part time, e viceversa, può avvenire solo tramite accordo tra le parti, non potendo MAI il rifiuto del lavoratore costituire motivo di licenziamento.

di Avvocato Sara Brioschi

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Author

Mamma di Tommaso e Diego, nonché avvocato sempre alla ricerca disperata di conciliare famiglia e libera professione. Civilista di formazione, dal 2010 mi occupo prevalentemente della materia che più mi appassiona: diritto del lavoro. Nel 2015, dopo aver collaborato con importanti studi legali di Milano, ho finalmente aperto il mio studio. Il mio motto sia nella vita che nel lavoro è: semplicità e trasparenza prima di tutto!