Asilo Cip Ciop Pistoia e maltrattamenti: intervista a Ilaria Maggi

Doveva essere un luogo sicuroA volte, di fronte a casi come quello di cui parliamo oggi ci si vorrebbe tappare occhi e orecchie per non vedere e sentire, per scappare da una verità troppo brutta, troppo difficile da accettare.

Ben presto però capiamo che questo non è possibile (e nemmeno giusto), proprio come non è possibile dare una spiegazione alle vicende accadute presso l’asilo nido Cip Ciop di Pistoia, vicende tristemente note, che credo non abbiano bisogno di ulteriori dettagli.

Dopo Pistoia, i casi di maltrattamenti e abusi sui minori riportati dai mass media sono andati via via aumentando, mostrandoci immagini che ci lasciano sgomenti, increduli, che lasciano un segno.

Ciò che maggiormente sconvolge di queste vicende è che i responsabili delle violenze siano proprio quelle persone che, affiancando i genitori, dovrebbero concorrere nel migliore dei modi alla crescita dei bambini, che dovrebbero aiutarli ad acquisire le basi che saranno il nucleo centrale del loro sviluppo emotivo e cognitivo, persone che – almeno nel nostro immaginario – hanno scelto, perché di scelta si tratta, un mestiere tanto importante quanto delicato.

Ho sempre creduto che per lavorare con i bambini e con i ragazzi ci sia bisogno di una sorta di “vocazione”, una motivazione e una forza interiore che spingano a dedicarsi completamente a loro, a dare le attenzioni e le cure adeguate, a proteggerli.

Mi sbaglio? Io non credo, credo purtroppo che come in ogni cosa ci siano due facce della stessa medaglia, dove di fronte a una schiera di educatori, insegnanti preparati, capaci e appassionati esiste anche una controparte fatta di persone che preferisco non definire, viste le parole che userei per farlo.

Penso che anche voi condividiate il mio pensiero, così come sono certa che lo condivide una coraggiosa donna che abbiamo avuto modo di conoscere sul web, Ilaria Maggi, mamma di uno dei bambini che frequentava la struttura di Pistoia e presidente dell’associazione La via dei Colori, nata proprio in seguito alle vicende.

Con Ilaria, persona dall’entusiasmo e la voglia di fare contagiosi, abbiamo parlato di ciò che i bambini e i genitori hanno vissuto, di cosa si può e si deve fare in situazioni come questa, ma soprattutto di come si possa guardare al futuro e trovare la speranza, la forza per andare avanti, per impegnarsi attivamente a difesa di tutti i bambini

Come dicevamo, prima di essere Presidente de La via dei Colori, sei mamma di uno dei bambini che frequentavano l’asilo Cip Ciop; quali sono state le tue prime sensazioni ed emozioni quando hai appreso delle violenze, quali le tue prime reazioni?

 Una doccia fredda, uno Tsunami! Di colpo tutto quello in cui avevo creduto è venuto meno, mi sono trovata seppellita dai sensi di colpa per non aver capito, dai dubbi sul cosa fare e sul come farlo, dal dolore nel capire finalmente cosa c’era dietro quel comportamento un po’ al limite di mio figlio.
E poi una domanda che mi schiacciava: E adesso cosa faccio? Come posso aiutare mio figlio?”.

La gente che comincia a parlarti di querele, denunce, avvocati, psicologi e tu che non sai minimamente la differenza tra un magistrato e un avvocato, e non ne conosci neanche uno cui poter affidare il futuro di tuo figlio.

Non sai dove trovare uno psicologo, un terapeuta o uno psichiatra…in realtà non sai neanche CHI devi cercare!

“SMARRIMENTO”…ricordo come fosse ieri il senso di smarrimento che mi faceva venir voglia di prendere il mio piccolo e scappare, pur sapendo che nessun posto sarebbe stato abbastanza lontano.

Poi, piano piano torni in te, cominci a chiedere, a informarti. Alcuni genitori si sono avvicinati cominciando a incontrarsi periodicamente per confrontarsi e, passo dopo passo, insieme ai nostri cuccioli, abbiamo rialzato la testa e abbiamo ricominciato a camminare.

Il nostro pensiero va alle piccole vittime, come stanno attualmente i bambini che frequentavano l’asilo?

 I bambini che frequentavano il Cip Ciop, ovviamente a due anni di distanza stanno notevolmente meglio, anche se le cicatrici sono sempre presenti e tornano ciclicamente a farsi sentire. I loro caratteri sono mutati irrimediabilmente e per il resto della loro vita dovranno cercare e trovare un modo per metabolizzare il loro passato e cercare di smettere d’aver paura di ricordi troppo ingombranti.

Per aiutare altri genitori che potrebbero trovarsi in questa situazione, quali sono i segnali d’allarme a cui si dovrebbe prestare attenzione?

Da quando abbiamo scoperto cosa per mesi e mesi ha turbato il sonno dei nostri bambini, per migliaia di volte abbiamo ripercorso a ritroso tutti i giorni dal primo giorno d’asilo, abbiamo letto e riletto i libretti pediatrici, abbiamo riguardato le foto e ripensato a tutti quei momenti in cui ci era stata data la spiegazione per un livido o un comportamento anomalo.

In tutti i bimbi i momenti cruciali sono stati essenzialmente tre: pappa, cacca, nanna.

Un cambiamento di comportamento sostanziale in una o più di queste sfere, può essere un campanello d’allarme.

Un bimbo che ha sempre dormito e che improvvisamente comincia ad avere incubi o sonni agitati, un mangione che improvvisamente diventa inappetente: questi sono segnali che non andrebbero sottovalutati ma monitorati, magari anche con l’ausilio di un consulto professionale.

Non dobbiamo aver paura di chiedere a un professionista. Nessuno di noi si preoccupa nel dubbio di una febbre o dolore strano a fare un salto dal pediatra, la stessa semplicità, deve essere usata per chiedere un consulto a uno psicologo infantile.

A chi ci si può rivolgere in caso di dubbi su una struttura?

Ovviamente dipende dai tipi di dubbi che si hanno. Non è corretto sottovalutare niente, ma neanche fare terrorismo psicologico.

Consiglierei di andare per gradi, sondando prima il terreno con le maestre, poi parlandone al direttore dell’istituto o alla pubblica istruzione e infine denunciando alle autorità competenti. Ma ribadisco, dipende dai casi.

La cosa essenziale però, crediamo sia l’interazione con gli altri genitori, perché solo confrontandosi, si può capire se un dubbio comune comincia a essere una mezza verità!

Quali sono i primi interventi da attuare verso i bambini, ma anche verso i genitori, protagonisti di storie simili?

Direi che quello che serve è un “sostegno multisciplinare”, perché purtroppo, la verità è che quando accadono fatti simili ci sono diverse cose urgenti da fare e questo è alla base di quel famoso senso di “smarrimento” di cui parlavo.

Sicuramente occorre immediato sostegno psicologico, prima per la famiglia e poi per la vittima, in quest’ordine, perché la famiglia deve essere pronta a sostenere e recuperare l’equilibrio della vittima senza farsi prendere dallo sconforto.

E poi il supporto tecnico legale che deve pensare a come impostare le denunce, le perizie o altro.

Sono quindi necessari vari professionisti che collaborando si prendano cura della vittima e della sua famiglia, prendendo per loro la decisione migliore in merito al da farsi.

Chiaro è che per far questo ci vuole una rete di professionisti consolidata e di cui la famiglia possa avere completa fiducia.

Di cosa hanno maggiormente bisogno i genitori in situazioni come questa?

Nel nostro caso, la condivisione è stata un toccasana. Il sapere che non eravamo soli è stato quello che ci ha permesso di non mollare.

Purtroppo questo non sempre è possibile, per esempio in quei casi in cui il bambino oggetto di maltrattamento sia uno solo.

In questi casi, ad esempio, sapere di poter entrare in contatto con un gruppo di persone che è passato dalla stessa esperienza prima di te, può essere consolatorio.

E adesso anche come associazione sentiamo questa necessità di condivisione e per questo stiamo cercando di entrare in contatto con altre associazioni che abbiano fini analoghi o similari per poter unire forze, mezzi ed esperienze.

Alla luce della tua esperienza, in cui il normale rapporto di fiducia tra genitore ed educatore è stato violentemente distrutto, che rapporto hai oggi con le strutture educative?

Per fortuna l’idea che TUTTE le maestre fossero come “quelle maestre” non mi è mai saltata per la testa.

Abbiamo ben chiaro il concetto che non è giusto fare di tutta l’erba un fascio.

I nostri figli sono stati reinseriti subito in altri asili con altre maestre, che in qualche modo hanno avuto il compito più difficile, ovvero quello di insegnare ai nostri figli come poter di nuovo aver fiducia nel mondo.

Nel mio caso sono state persone meravigliose, estremamente sensibili e pazienti, ma credo di poter parlare a nome di tutti i genitori dell’associazione.

Abbiamo piano piano visto i nostri figli rifiorire, e tutto grazie a maestre di asili comunali e non.

Di fronte al continuo susseguirsi di terribili casi come il vostro (n.d.r. si vedano l’Asilo Mazzanti di Conselice, la Scuola materna di Martina Franca, le vicende di Casarile, Breno, Anzo, Squinzano e Messina) a tuo avviso quali sono le soluzioni che si possono adottare per prevenire questi fenomeni, che misure precauzionali si possono introdurre?

Occorre senza ombra di dubbio a parere nostro, rinforzare i controlli a monte delle concessioni per le autorizzazioni e gli accreditamenti che consentono l’apertura delle strutture; inoltre, controlli accurati, puntuali e a sorpresa almeno un paio di volte l’anno, non solo sulle strutture ma soprattutto su TUTTO il personale impiegato, crediamo siano indispensabili.

Occorrerebbe che come in molte realtà lavorative si valuta ormai per legge il “rischio di stress lavoro correlato”, lo si faccia periodicamente anche sul personale docente e/o comunque gravitante nell’ambiente scolastico.

In aggiunta a ciò, è importante sottolineare che oggigiorno si chiede di dichiarare l’esistenza di carichi pendenti per poter lavorare nel settore pubblico, quindi è inconcepibile che una persona con precedenti penali, specie nell’ambito di aggressioni o abusi sessuali sui minori, possa lavorare in una struttura scolastica.

Ultimo ma non per importanza l’uso di telecamere a circuito chiuso, ma che senza tutto il resto non sarebbero assolutamente sufficienti.

A che punto è, a oggi, la vicenda giudiziaria?

Al momento ci sono vari processi aperti, sia su Genova che su Pistoia.

Fondamentalmente i processi principali sono tre: il primo, che vede come imputate la titolare e la maestra del Cip Ciop ovvero le prime due persone arrestate, per le quali lo scorso 9 maggio il PM ha richiesto il massimo della pena, rispettivamente 8 e 6 anni di reclusione; il secondo, denominato Cip Ciop Bis, che vede al momento imputate la cuoca e una dirigente del Comune e come indagate altre 5 persone per cui si sta valutando l’archiviazione, e poi un terzo processo su Pistoia, per la seconda struttura che la titolare dell’asilo Cip Ciop aveva aperto nel Comune di Quarrata, nella quale si ha il sospetto che i “metodi educativi” fossero gli stessi operati al Cip Ciop.

Abbiamo fatto veramente passi da gigante da quel 2 dicembre 2009, quando moltissime persone ci consigliavano di lasciar perdere tutto perché comunque non avremmo avuto la possibilità di far emergere la verità e le vere responsabilità.

Col senno di poi, possiamo dire che la fiducia nella giustizia è stata ben riposta. Collaborare attivamente per quanto possibile con la magistratura, sostenuti e guidati dai nostri legali, raccogliendo e fornendo il maggior numero di informazioni ci ha permesso piano piano di avvicinarsi sempre di più alla verità.

Nel prossimo post continueremo a parlare con Ilaria, che ci spiegherà come da questa terribile storia  sia nato un progetto bellissimo, di come la forza e l’impegno di molte persone abbiano portato alla nascita di un’associazione che oggi si batte attivamente a sostegno dei bambini e delle loro famiglie.

 

Intervista a cura di Elisa Capuano

 

 

Foto tratte da Google

Author

Acrobata per vocazione, una laurea in Lingue e Comunicazione, da oltre 10 anni mi divido tra le mie due grandi passioni: educazione e comunicazione, convinta che le due cose insieme possano fare la differenza. Da sempre in prima linea accanto ai bambini, agli adolescenti, alle mamme e ai papà, a scuola e in famiglia, ho lavorato e lavoro per diverse realtà del terzo settore occupandomi di diritti dei minori, cittadinanza attiva, intercultura, disabilità e fragilità sociale con l’obiettivo di contribuire a diffondere una cultura dell’infanzia e dell’adolescenza. Il mio sogno? Mettere al servizio dei genitori le mie competenze e professionalità, per supportarli nel loro ruolo educativo.