Quote rosa (e dintorni): rivoluzionare il lavoro? - Mammeacrobate

Questo post a blog unificati nasce da un’idea e uno scambio di vedute su Twitter e in rete tra Monica Cristina Massola, Stefania Boleso, Lorenza Rebuzzini, Manuela Cervetti, Benedetta Gargiulo, Maria Cimarelli, Paola Liberace e Mariangela Ziller.

Dopo uno stralcio di scambi in rete

“Non basta essere donne per esser candidate, anche questa è strumentalizzazione.”
“Mi piacerebbe molto però se chiedendosi “chi c’è di bravo?” venissero in mente donne”
“Il punto è: basta questo per introdurre gente a caso (come avverrà in CDA banche) purché donna?”
“Sono sicura ci siano donne in gamba pronte per assumere ruoli importanti. Come fargli avere la chance?”
“Sempre più mi è chiaro che non si tratta di part time o di conciliazione: che bisogna rivoluzionare il lavoro, nulla di meno”
“Rivoluzionare il lavoro!! E’ l’unica. Ma partendo dalle donne (dalle mamme!), non dall’imitazione degli uomini.”

(seguendo in Twitter l’hashtag #rivoluzionareillavoro troverete alcune tracce di frasi che ci hanno fatto riflettere…)

abbiamo pensato di scrivere sugli argomenti delle reali opportunità per le donne nel mondo professionale: su come rivoluzionare l’organizzazione attuale del lavoro e sulla legge attualmente in discussione sulle quote rosa nei CdA.

Domani, martedì 22 febbraio, verrà portata in Senato, per un definitivo giudizio, la proposta di legge promossa da Alessia Mosca (Pd) e Lella Golfo (Pdl) sull’introduzione delle quote rosa nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali delle aziende quotate in borsa.

Ma cosa sono esattamente le quote rosa?

In Italia la presenza femminile nei consigli di Amministrazione si attesta oggi ad un misero 7,6%.
La proposta di Legge Mosca-Golfo vuole garantire – inderogabilmente e pena la decadenza dei Cda – una presenza femminile almeno del 30% nei Consigli di amministrazione delle società quotate in borsa e nelle partecipate pubbliche.
Nonostante abbiamo sollevato numerose discussioni, le quote di genere (come vengono chiamate in Europa) sono già state introdotte in numerosi paesi del mondo. Più di 30 paesi hanno introdotto quote di genere per le elezioni nazionali, modificando la propria costituzione o la propria legge elettorale. In più di 50 paesi le quote sono invece inserite solo negli statuti dei partiti, spesso chiedendo che almeno il 30% dei candidati siano donne.

Com’è la situazione in Europa?

La Norvegia è stato il primo paese ad introdurre le quote di genere nel 2006 e ad oggi i posti di comando nel business sono già coperti da manager donne per il  44%.
Simile la situazione in Spagna (che ha introdotto le quote nel 2007) e che vede il 40% delle donne manager inserite negli organici delle maggiori aziende.
In Francia invece, nel 2010, è stata approvata una norma che garantirà in 3 anni una quota del 20% riservata alle manager e in 6 anni una proporzione paritaria fra donne e uomini nella gestione dell’economia grazie a una quota di genere, sia maschile, sia femminile, che non dovrà mai essere, per ciascuno dei due sessi, inferiore al 40%.
Gran Bretagna e Germania stanno studiando misure affinchè le aziende incrementino volontariamente il numero di donne nei cda.

Per comprendere invece la situazione del nostro paese per quanto riguarda il binomio donne/lavoro riprendiamo alcuni dei dati pubblicati sul blog SenzaDonne:

– il tasso di occupazione femminile è pari al 46%, 12 punti percentuali in meno rispetto alla media europea (dati Istat 2009) e 14 punti percentuali in meno rispetto all’obiettivo fissato dal trattato di Lisbona;

– il 27% delle donne lavoratrici esce dal mercato del lavoro dopo la nascita del primo figlio e un altro 15% non rientra più dopo la nascita del secondo figlio (dati Istat-Isfol);

– a parità di inquadramento e funzioni, nel nostro Paese una donna percepisce uno stipendio del 21,4% inferiore a quello di un uomo (dati Bankitalia e Istat).

L’introduzione delle quote rosa in Italia potrebbe essere in grado di riequilibrare questa situazione?

Brevemente vi voglio dire come la penso io e poi mi piacerebbe sapere cosa ne pensate invece voi!

In un mondo ideale, è ovvio, non ci sarebbe bisogno di imporre per legge la presenza delle donne in determinate posizioni di potere. In un mondo ideale andrebbe avanti chi ha “le carte per farlo”, chi se lo merita, chi quel ruolo lo saprebbe ricoprire bene e meglio di molti altri, indipendentemente se uomo o donna. Ma non viviamo in un mondo ideale, questo è chiaro a tutti. Spesso, troppo spesso, diventa faticoso rivendicare il proprio ruolo professionale all’interno di un semplice ufficio, figuriamoci pensare di sedersi in un Consiglio di Amministrazione. Nella maggior parte dei casi, per una donna manca del tutto l’occasione e la possibilità di poter dimostrare il suo valore e la sua professionalità (se poi è addirittura diventata madre… non ne parliamo nemmeno!).

Ed è proprio questo, a mio parere, uno dei problemi principali oggi per le donne: la mancanza di opportunità. In quest’ottica, l’introduzione delle quote rosa potrebbe quindi essere un valido strumento per concedere maggiori occasioni e possibilità alle donne.

Molti sostengono che le quote rosa portano con sè una mancanza di meritocrazia, ovvero se per legge il 30% di un Cda deve essere composto da donne, potrebbe verificarsi che alcune di queste donne siano meno meritevoli e capaci, ad esempio, di un loro collega uomo. Potrebbe, è vero. Ma in questo momento quante donne invece sono molto più capaci di colleghi uomini ma non hanno la possibilità di accedere a determinate posizioni? Oggi in Italia la sproporzione è troppo evidente e qualcosa deve essere fatto per riportare equilibrio.

L’introduzione delle quote può considerarsi un passaggio necessario verso un cambiamento culturale che in questo paese diventa sempre più auspicabile. Una forzatura di cui non si può più fare a meno e che negli altri stati europei ha già portato, o sta portando, risultati positivi e che fanno ben sperare. Perchè non dovrebbe funzionare anche nel nostro paese?

E voi cosa ne pensate? Esistono in questo momento delle alternative alle quote rosa oppure la loro introduzione è ormai indispensabile per “rivoluzionare il lavoro”?
La parola a voi.

Vi invitiamo infine a leggere le riflessioni delle blogger che hanno aderito a questo post unificato.

http://www.workingmothersitaly.com/category/blog/
http://www.pensieridistefania.blogspot.com/
http://milanoelorenza.blogspot.com/
http://pontitibetani.wordpress.com/
http://donneinritardo.blogspot.com/
http://www.controgliasilinido.com

Author

Mammeacrobate.com è un portale di informazione e confronto su maternità e genitorialità, uno spazio nel quale le mamme si raccontano e si scambiano consigli, racconti ed esperienze di vita grazie alla collaborazione con professioniste che mettono a disposizione di altre mamme e donne le loro competenze e grazie a mamme che si raccontano per socializzare problematiche o stralci di quotidianità.

2 Comments

  1. Francesca

    Fino a qualche anno fa, senz’altro prima di diventare madre ero un’idealista e ritenevo che le quote rosa fossero “umilianti” per le donne. Che le donne dovessero emergere per le loro capacità, per la loro bravura e non essere poste in una posizione importante in maniera ottriata.
    Oggi ho RADICALMENTE cambiato idea. Il mondo ideale, come voi stesse avete scritto, non esiste.
    E le uniche “quote rosa” o meglio sarebbe dire “a luci rosse” sembrano essere quelle attribuite al vigente governo a veline, soubrette e belle ragazze in genere, divenute all’improvviso per meriti non ben dimostrati, consiglieri regionali o ministri.
    Io credo che come è accaduto in Norvegia occorra forzare la mano al fato e imporre la presenza delle donne all’interno delle istituzioni, dei posti di lavoro e dei CDA.
    Non solo perchè le donne sono brave al pari e di più dei loro colleghi maschi, ma perchè occorre dare al paese una visione completa, tridimensionale delle cose.
    E confido che l’apporto delle donne sia in questo determinante. Sempre che le donne cerchino di far assomigliare questo paese più a loro e non sacrificando se stesse e diventando “Uome” ma rendendo il paese un paese a misura di donne, uomini e bambini. A misura di famiglia.