canto carnatico e travaglioIl canto carnatico è un canto tradizionale del sud dell’India che viene utilizzato come esercizio di vocalizzazione e respirazione durante le pratiche meditative e di visualizzazione. Viene anche chiamato “canto delle vocali”, perché si parte da una “m” sussurrata, che introduce le note della scala indiana “sa pa sa” e poi si prosegue con le vocali (a, e, o, i, u) per concludere col sussurro della “m” iniziale.

 

È molto semplice da praticare, non occorrono particolari tecniche o conoscenze pregresse e da molti anni viene spesso proposto durante i corsi di accompagnamento al parto, grazie alla sua diffusione in occidente da parte del medico F. Leboyer. Io ne ho scoperto l’esistenza proprio durante un corso di preparazione al parto (del mio secondo bimbo), grazie ad una operatrice di Bioenergetica e Counselor che operava nel consultorio a cui mi ero rivolta. Avevo già una piccola esperienza di meditazione, mantra, yoga, pranayama (le tecniche di respirazione che si apprendono durante lo yoga),  ma respirare per guidare il corpo e i muscoli nell’assumere correttamente un asana era una cosa, affrontare il travaglio di parto si era rivelato tutt’altro… avevo ancora vivo in mente il mio smarrimento e quell’impressione di essere dominata dal dolore, oltre alla mia totale impreparazione a gestire il respiro in modo efficace ai fini del travaglio e della fase espulsiva.

 

Per questo mi sono avvicinata a questa antica tecnica di canto e respirazione con molto interesse, determinata a trovare un modo per dominare il dolore, invece che esserne sopraffatta come durante il primo parto.

 

Ho “cantato le vocali” durante il corso, insieme alle mie compagne di avventura, esperienza molto suggestiva, poi ho acquistato il CD* e ho proseguito per tutta la gravidanza, da sola, in casa o in auto, mentre guidavo. Non sapevo dove mi avrebbe portato quel canto e se davvero mi sarebbe stato utile; mi domandavo se il bimbo nella pancia sentisse e cose sentisse, cosa pensasse di quella mamma un po’ strana che ogni tanto “partiva con le vocali”, ma mi piaceva, mi rilassava, mi aiutava a non disperdermi in mille pensieri, e così continuavo, settimana dopo settimana, mese dopo mese.

 

E poi è arrivato il travaglio, il momento di mettere alla prova Monsieur Leboyer, me stessa e l’India intera… ho cantato tutta una notte, girovagando per casa, in bagno, sotto la doccia, in cucina, in salotto… ho cantato e cantato, ho accompagnato ogni contrazione nel silenzio della notte magica che precede la nascita di un bimbo, ho cantato in auto mentre mio marito mi accompagnava in ospedale, ho cantato in accettazione, e avrei stretto la mano a Leboyer e dato un bacio sulla fronte alla counselor del consultorio quando la ginecologa che mi ha accolta mi ha detto quel numerino: 9 (cm)!

 

Sapevo che il tempo e le ore erano passate, ma lo stesso mi era sembrato tutto liscio e ovattato, facile, e questa volta sì, avevo dominato io il dolore, lo avevo guidato e cantando avevo quasi fatto nascere mio figlio.
Nella fase espulsiva invece non sono stata capace di utilizzare il canto carnatico. Mi sono un po’ persa, peccato. Ma c’è sempre margine per migliorare, come si dice, e chissà, magari col prossimo…

 

 

copertina libro canto carnico

 

 

*CANTO E RESPIRAZIONE ENERGETICA
Gli esercizi vocali dell’antica India per ritrovare l’unità corpo-mente
Frédérick Leboyer
Edizioni red!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Author

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4 Comments

  1. sabiacrobata

    io nel primo parto sono stata davvero “sopraffatta” come hai detto te. credo che le cose non siano andate bene e si sia concluso con un cesario anche per quello (insieme all’induzione)
    ogni contrazione mi trattenevo, non so come spiegarmi… e alla fine questo trattenere ha fatto sì che dopo ben 10 ore di travaglio (contrazioni ogni due/tre minuti tutte quelle ore…) ero dilatata di circa 2 centimetri! 🙁

    la prossima volta proverò di sicuro questa tecnica…. 🙂

    • sara marchesi

      Credo che i fattori che determinano il buon esito di un travaglio e poi di un buon parto siano davvero tanti e non tutti dipendenti da noi, dalla nostra volontà, dai nostri sforzi.
      Ma come qualsiasi altra cosa, affrontare un momento particolare (e certamente impegnativo) a mente serena è di certo meglio che farlo con mente annebbiata. Io ho trovato questo canto molto “potente”, come metodo per mantenere la concentrazione durante il travaglio. Parlando con altre mamme con esperienze di yoga o di pratiche meditative di vario genere, ho sempre ritrovato che il “segreto” era proprio la capacità di non “perdersi”, di restare concentrate e di incanalare il dolore, così come la voce.
      Il canto carnatico ha di ottimo che è semplicissimo da praticare, mentre altre tecniche come il training autogeno o lo yoga o la meditazione o il pranayama (le tecniche di respirazione indiane, legate allo yoga), spesso richiedono lunghi tempi di pratica prima che entrino davvero a far parte di noi, specialmente tenendo conto che abbiamo bisogno di un sostegno in un momento difficile, duro, e quando si è al primo figlio anche sconosciuto. Insomma è una “tecnica” alla portata di chiunque, e aggiungo anche piacevole.
      Non mi resta che augurarti in bocca al lupo per le tue future gravidanze!

  2. cristella

    durante il mio primo parto, in modo del tutto inaspettato, ciò che mi è stato di maggiore aiuto, a parte la presenza di mio marito, sono state le lezioni di canto che ho ricevuto sin da bambina.

    A dir la verità non ho cantato, ma su suggerimento dell’ostetrica, ho convogliato il fiato anzichè nei polmoni e nella gola sul diaframma e di colpo mi sono ricordata le lezioni di musica che avevo ricevuto da mio zio scomparso da poco, a cui ero molto legata.

    E forse per l’emozione, forse per il ricordo dei momenti in cui imparavo la musica ed il canto, mi sono venuti in mente persone a me molto care legate a questi momenti (i miei nonni, questo mio zio, i miei genitori) ed è come se la mia famiglia fosse tutta presente in quel momento come in una sorta di accompagnamento/passaggio generazionale…….

    Devo dire che il parto è stato abbastanza veloce (7,5 ore di travaglio e 1,5 ore di fase espulsiva) e nè ho un ricordo molto emozionante ed esaltante, il dolore è rimasto in secondo piano.

    Spero sia così anche per il secondo parto (sono di 24 settimane)…….

    • sara marchesi

      Cara Cristella, a volte le risorse sono dentro di noi ed è sufficiente un dettaglio, un ricordo, un pensiero, un profumo per farci ricordare qualcosa di speciale e di utile, come nel tuo caso.

      Sono sicura che questa consapevolezza (e le famose lezioni di canto!) ti aiuteranno a vivere serenamente e gioiosamente anche il prossimo parto.

      Tienici aggiornate!