Dislessia e qualità della vita: come aiutare i bambini?

Guardo Matilde e vedo, oltre che una ragazzina che sta crescendo, una studentessa serena.
Ripenso a quanto la dislessia ci abbia fatto faticare e soffrire alla scuola primaria e sono felice che tutto quello appartenga al passato.

Il presente, scolasticamente parlando è sereno e appagante.

La voglia di studiare di Matilde è quella della media dei ragazzini della sua età ( quale ragazzo farebbe i salti di gioia al pensiero di dover passare tutto il pomeriggio sui libri?!), ma l’atteggiamento nei confronti della scuola, dei compagni, dei docenti, e anche dei compiti è positivo.

Che cos’è cambiato?

Matilde ha le stesse difficoltà che aveva alle elementari. Non è cambiato nulla e dal punto di vista oggettivo non cambierà nulla.
Ma molte cose sono cambiate.

Innanzitutto una maggiore consapevolezza delle sue difficoltà e la certezza di poter contare sugli strumenti compensativi e dispensativi per superarle. Ma non solo. Una maggiore capacità di elaborare strategie del tutto personali per poter superare da sola le stesse difficoltà ( Matilde mi dice che alcune volte durante le verifiche non usa né tabelle né mappe perché trova “un modo tutto mio” per ricordare le cose).

Un fatto importantissimo, che l’ha aiutata a non essere più frustrata, è la possibilità di poter condividere la sua esperienza con altri compagni con DSA. Alle elementari era l’unica bambina in classe con certificazione (nonostante ci fossero altri bambini dislessici ma non certificati), per cui era l’unica ad utilizzare per esempio il computer o a disporre di verifiche personalizzate.

Questo soprattutto nei primi tempi aveva creato delle situazioni difficili nei rapporti con i suoi compagni che la vedevano lavorare in modo diverso (e qui ribadisco l’importanza della spiegazione da parte degli insegnanti di cos’è la dislessia e cosa comporta, spiegazione fatta a tutta la classe. Questa cosa, purtroppo, raramente viene fatta).

In classe di Matilde adesso sono quattro i ragazzini certificati e proprio nei giorni scorsi Matilde mi ha detto:

“Sai mamma, ho scoperto che anche il mio compagno M. è dislessico, ma non ha ancora avuto la certificazione. I professori hanno chiesto a noi quattro DSA di condividere con lui i nostri strumenti compensativi”.

Questo dimostra attenzione da parte dei docenti, un’attenzione che diventa anche spunto per la condivisione. Im-por-tan-tis-si-mo!!!!

Altro elemento fondamentale è stato modificare il mio atteggiamento con il passare del tempo.
Mi ricordo che subito dopo la diagnosi e la certificazione i miei sforzi erano tutti diretti a trovare metodi, strategie per aiutare Matilde ma mi ero accorta ben presto che la dislessia stava diventando il primo dei miei pensieri e stava “dominando” il nostro rapporto.

Leggo su un libro che si intitola appunto “Dislessia e qualità della vita” l’intervento di una mamma in cui mi ci sono ritrovata:

“Io pensavo di far bene a proporre quotidianamente esercizi mirati e divertenti per esercitarla nella scrittura, a esigere che leggesse quotidianamente un racconto, ma non mi rendevo conto di focalizzare sulla dislessia il mio rapporto con Giulia e il suo rapporto con la vita. Puntare tutti gli sforzi per diminuire o eliminare gli effetti della dislessia non faceva che renderla qualcosa di mostruosamente indesiderato.
Dare importanza ai suoi interessi, al gioco libero, alla frequentazione con gli amici non ha fatto che ridimensionare il ruolo che la dislessia giocava nel nostro rapporto e nella sua vita”.

Quindi se è importante spiegare al ragazzo che cos’è la dislessia da subito è altrettanto importante poi non basare la propria vita e il rapporto con lui su questa.

E così procediamo l’avventura della scuola in compagnia della dislessia, che è una compagna di studio che non fa paura, che non spaventa, che ci da modo di conoscerci un po’ di più e che come mamma mi fa riflettere tantissimo sul rapporto con mia figlia.

photo credit: ND Strupler via photopin cc

 

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