Riflessioni a specchio su asilo nido, materna e scuola - Mammeacrobate

Da oggi, con questo primo post, diamo il benvenuto tra le mammeacrobate a Monica Cristina Massola, blogger ma soprattutto educatore professionale, consulente pedagogico e psicomotricista. Attraverso i suoi contributi Monica ci proporrà interessanti riflessioni sulle problematiche legate all’infanzia, l’educazione e i rapporti genitori-figli.

Ho provato, quasi per gioco, ad immaginare un breve elenco di alcuni “si dice”, legati alla scuola, quelli che potrebbero pronunciare i genitori, o gli insegnanti, o in minor parte i bambini. E’ un buffo elenco che racconta come, negli anni, cambi il modo di intendere il passaggio a scuola dei
(propri) figli. Come cambino i problemi che si incontrano, i dubbi che vengono, che si sia genitori o insegnanti (o insegnanti che sono anche genitori).
E’ altrettanto curioso provare a indovinare quali parole potrebbe aver detto un docente o un genitore; in alcuni casi potremmo scoprire che è  impossibile farlo. E se io fossi un genitore, come in realtà sono, sarei veramente curiosa di capire cosa vuole dire esattamente la maestra quando mi racconta della sua fatica nel gestire, ad esempio, il sonno di mia figlia.

Voci dal Nido e Scuola dell’infanzia

non mangia
non dorme
piange
non vuole andare all’asilo
picchia gli altri
gli altri lo picchiano
porta ancora il pannolino
ha ancora il ciuccio
è viziato
lo viene a prendere il nonno
cosa ha mangiato
non mangia in mensa


Voci dalla Scuola Primaria

non sa scrivere
fa troppi compiti
non è curato
non è seguito
è disattento
manca il materiale
non socializza
non sta composto
dopo è scatenato
sono troppo severi

sono troppo lassisti
non danno regole
troppe vacanze
poche vacanze

Voci dalla Scuola Secondaria di I grado (ex medie)

non studia
non fa i compiti
non è educato
non lo ascolta
non si applica
segue troppo gli altri
prende una nota
indisciplinato
è disattento
socializza troppo
insulta
maleducato
noioso
ingiusto
danno sempre ragione a lui
manca il rispetto
i genitori si disinteressano
gli alunni sono disinteressati
i professori sono disinteressati

La prima fase (Nido – Scuola infanzia): imparare la cura

La maestra/educatrice* aiuta il genitore a staccarsi dal suo bambino, a vederne le capacità di socializzazione, di autonomia; ma lei stessa, quando ascolta un genitore che gli racconta come sia suo figlio, accetta di considerare quali gesti di cura siano importanti per quel bambino? Cosa gli occorra per renderlo sicuro e libero di staccarsi dalle braccia di mamma e papà, e pronto a ritrovarli dopo la scuola/nido?
I genitori potrebbero scoprire nuovi modi di cura per il loro bambino, raffinando così le propria capacità di cura e attenzione, grazie all’incontro con l’insegnante, al suo sapere/saper fare, esercitato nel tempo con tanti bambini. Le parole di mamma e papà sul loro bimbo aiutano le maestre/educatrici a vedere, in quel bimbo, un essere unico e non solo un alunno, come altri.

Dal momento del suo inizio “la scuola” può esser vista anche il luogo dove tutti imparano e insegnano qualcosa; al di là della singola materia, del contenuto, o di un comportamento. A scuola si può apprendere a “ri-pensare” a ciò che si fa , ad averne cura, a migliorarne la qualità (come genitori e educatori).

Una mamma vede il suo piccolo mentre gioca, in aula, con la pasta di sale, e forse a casa proverà a fargli usare la pasta della pizza o a farla insieme a lui.
E la maestra che osserva ogni mattina un bimbo arrivare, coccolato dal suo papà, al momento dell’ingresso a scuola, avrà poi parole diverse per  rassicurarlo, raccontandogli i piccoli gesti che il suo papà sa offrirgli.

La scuola dell’infanzia, e prima il nido, possono generare un incontro tra l’educazione professionale e quella “naturale” dei genitori, e dove le persone, i protagonisti possono confrontarsi sull’arte di educare, di aver cura, di coccolare, di giocare, di pulire, di fare addormentare. Un educare che assume stili così simili e al tempo stesso così differenti e con attività che diventano diversissime se svolte a casa o a scuola.

La seconda fase (Scuola Primaria): imparare numeri, lettere, parole

La maestra o le docenti/i docenti (stante la riforma Gelmini) aprono e svelano ai bambini il mondo della scrittura e della lettura e ovviamente quello dei numeri.
Vale la pena di sottolineare che si tratta di un sapere uguale per tutti e davvero comune, quindi che “accomuna”. Permettendo ai bambini di vedere il mondo con uno sguardo più simile a quello dagli adulti, con i filtri forniti dalla lettura e dal calcolo, e via a seguire dalla storia, geografia, musica, arte, e via dicendo…

In questo momento sembra più evidente la differenza tra ciò che possono trasmettere i genitori e i docenti. I primi intenti a fare quello che si chiama complessivamente “educare”, gli altri impegnati a trasmettere la “tecnica” della lettura, delle studio, del calcolo, e il significato della valutazione (con i voti).

I genitori provano un modo di porsi diverso quando al pomeriggio aiutano i bimbi nel fare i compiti o spiegando in altro modo qualcosa che altri hanno insegnato. I genitori danno così valore e significato, fanno collegamenti con la quotidianità. E poi quando ricordano ai docenti – anche con insistenza – che i compiti sono troppi, che la stanchezza dei bimbi è molta o che i bimbi sono ancora molto piccoli, immettono nell’incontro con “la scuola”, la visione che “il sapere” è una parte della vita. Offrono il collegamento tra sapere e quotidianità che cercano sempre un dialogo.

Gli insegnanti, per contro, portano appunto il valore di una serie di conoscenze che permetteranno, in un futuro tutto sommato lontano, ai piccoli di muoversi più facilmente nel mondo, comprendendo, leggendo, informandosi, scoprendo, conoscendo.

La terza fase (Scuola Secondaria): i piccoli crescono…

Non ci sono più teneri cuccioli da coccolare ma ragazzini imbronciati, protagonisti (oggetti/soggetti) di malumori, reciproci e rimpallati, tra casa e  scuola.

Davanti alla scuola incontrate un mix di mini donne, di ragazzini altissimi e altri che sembrano scappati dalle elementari, mentre nelle loro teste la maturità si muove alla velocità del lampo, insieme alla più grande inconsapevolezza infantile…

Mentre i “prof” propongono una scuola sempre più orientata a dare responsabilità, i genitori sono altrettanto impegnati a capire come vadano offerte, ad un tredicenne con la testa fra le nuvole, impegni e responsabilità.

Insomma genitori e professori sembrano occuparsi della stessa questione, lo studio come impegno e elemento di crescita, ma collocati in mondi molto lontani fra loro. Straordinariamente l’incontro tra famiglie e professioni evidenzia tutte le mancate sincronie, tipiche dell’adolescenza, dove atteggiamenti adulti e atteggiamenti da bambini si confondono nei ragazzi; e confondono anche gli stessi adulti.

Mi sembra curioso anche evidenziare come la sfida del crescere sia complessa e richieda agli adulti uno sforzo continuo ma ancora diverso rispetto a quelli già sperimentati.

Ogni volta è una nuova scoperta, e fatica. E ammettiamolo pure!

Per concludere le “voci” che ho elencato all’inizio spesso sembrano sottolineare lo sguardo giudicante e spesso severo scambiato tra genitori e  insegnanti, in un mescolarsi di malumori e fastidi.
Eppure quelle voci, nella loro parzialità, mostrano già alcuni problemi che si potrebbero incontrare, ma ci ricordano anche che a scuola avviene sempre un incontro e uno scambio; e il confronto tra questi protagonisti dell’educazione dei bimbi resta sicuramente molto più ricco di possibilità, di  scoperte, di intuizioni, di quello che sono riuscita a raccontarvi.

E i bambini??
Già non ho parlato dei bambini!
Vorrei lasciare un po’ di spazio libero per loro e magari parlarne in una prossima occasione.

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* La prevalenza di Educatrici e Maestre, cioè delle figure di sesso femminile, è prevalente nell’asilo Nido e nella Scuola dell’Infanzia, i numeri delle figure di sesso maschile vanno crescendo nella Scuola Primaria e quindi dalla Scuola Secondaria di Primo Livello.
Inevitabilmente viene spontaneo, anche se non è perfettamente corretto, parlare di educatrici/maestre, declinandone così il genere.

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