Avere un figlio disabile e dover lottare quotidianamente contro l’handicap ma anche contro la società, contro quei diritti che nessuno ti riconosce, contro l’ignoranza e l’indifferenza, contro il dispiacere che leggi negli occhi di tuo figlio quando capisci che si sente un emarginato.
Ci ha scritto una mamma, una mamma forte e dolce allo stesso tempo. Suo figlio è disabile. Lei sta lottando per lui una battaglia lunga e dura. E’ una mamma indignata.
La lettera non è firmata, lei stessa ci dice che “sta giocando non sulla sua pelle ma su quella di suo figlio” e firmare oggi una denuncia simile, proprio nei giorni in cui si decidono le assegnazioni dei sostegni nelle scuole, significherebbe peggiorare potenzialmente la loro situazione.
Questa mamma ci chiede di dare spazio alla sua testimonianza e alla sua denuncia e chiede alle altre mamme, che vivono una situazione simile alla sua o che hanno esperienza anche indiretta di disabilità, alle insegnanti, alle educatrici, di farsi avanti attraverso questo sito raccontando la propria esperienza d‘integrazione scolastica, facendosi sentire. Perchè l’obiettivo di fondo è solo uno: è necessario unirsi per ottenere quello che i nostri figli hanno diritto di avere cominciando, per il momento, dalla scuola.
BAMBINI DIS-INTEGRATI. Pochi diritti e ben negati
TEMA: Ti è piaciuto il concerto della scuola?
SVOLGIMENTO: Il concerto mi è piaciuto, soprattutto la canzone in cui si dovevano schioccare le dita e battere le mani. Io non so schioccare le dita, ma le mani le so battere. Avrei voluto avere un flauto come quello di mio fratello ed essere nel coro insieme a tutti gli altri bambini della scuola. Ma io ho dovuto restare a guardare, perché non so parlare come tutti gli altri e questo mi rende immensamente triste.
A. 9 anni, autistico, dopo l’allegro concertino ha pianto una settimana. Se ci fosse stata la sua insegnante di sostegno avrebbe partecipato alle prove e anche al concerto. Pazienza.
Parteciperebbe anche alle lezioni di matematica. Ma pazienza.
Parteciperebbe anche alle lezioni di storia. Ma pazienza.
L’anno scorso, grazie alla presenza dell’insegnante di sostegno aveva 8 in quasi tutte le materie. Quest’anno una serie di n.d., perché senza la mediazione dell’insegnante non è in grado di lavorare. Ma pazienza. Il mondo è pieno di ignoranti, no?
Vorrei parlare dell’integrazione scolastica dei bambini disabili in Italia.
Di come la si fa o, meglio ancora, di come più spesso non la si renda praticabile a dispetto della buona volontà del corpo docente.
Il Ministero taglia ancora e il nostro piccolo A. l’anno prossimo non frequenterà nemmeno le ore di italiano, e forse neanche geografia. Ma pazienza: geografia non la farebbe nemmeno al liceo, perciò tanto vale smettere subito.
Il Preside della scuola che frequenta A. invita i genitori dei bambini disabili a presentarsi, previo appuntamento, al Dottor F.
Il Dottor F., responsabile dell’Ufficio integrazione del Provveditorato, ha un numero telefonico per fissare gli appuntamenti: un numero a cui non risponde nessuno e senza segreteria ma che, nei giorni più fausti, rallegra l’utente con una musichetta metallica d’intrattenimento. Il modello è chiaramente quello delle telefonate a Raffaella Carrà per indovinare il numero di fagioli nel vaso.
Si narra che il Dottor F. si aggiri solo di notte e di giorno adotti astuti travestimenti che lo rendono irriconoscibile, perfino per i responsabili delle associazioni che stazionano stabilmente davanti al portone del Provveditorato per coglierlo proditoriamente di sorpresa.
Ma quale sorpresa? Il Dottor F. non lo frega nessuno: ha preso ripetizioni da Arturo Brachetti e, ai suoi tempi, fece un master con Alighiero Noschese.
Il Provveditore, superiore del Dottor F., peraltro è solo reggente. Poiché non è autoreggente, modello che in un’istituzione seria come un Provveditorato sarebbe di cattivo gusto, sta reggendo per qualcun altro. Chi è il Retto e dove si trova? Non si sa. Si sa però che bisogna rivolgersi a lui per qualsiasi reclamo e che la colpa di tutto è rigorosamente sua e in ultima istanza del crollo delle Borse.
Dal momento che la scuola sta andando a pezzi, non solo metaforicamente e per tutti, abili e disabili, sarebbe facile obiettare che i bambini con bisogni speciali (eufemismo usato nei paesi anglosassoni che a me piace molto, anche se di solito gli eufemismi mi causano fastidiose orticarie) starebbero meglio negli istituti per l’educazione speciale. Al di là di qualsiasi valutazione etica, il fatto è che questi istituti sono pochissimi, visto che il nostro ordinamento prevede dal 1971 l’integrazione nel sistema d’educazione ordinaria. Nondimeno vorrei ricordare l’Istituto Don Gnocchi di Milano, che si prende cura di ragazzi gravemente disabili, o per usare l’eufemismo di cui sopra, ragazzi con bisogni molto molto speciali. L’anno scorso, a causa dei tagli, l’Istituto non ha potuto aprire i battenti alla data prevista. Con una lieve sforbiciatina, questa volta ai tagli invece che al sostegno, sono riusciti ad aprire anche se sottostaffati, il che in parole crude significa ragazzi che aspettano ore per essere imboccati e per essere puliti e cambiati.
Concludendo, i modelli che uno stato ha a disposizione per affrontare la questione disabili sono:
1. l’integrazione nelle scuole normali con sostegno di personale specializzato
(impraticabile perché il personale specializzato è stato tagliato)
2. l’educazione in istituti preposti
(impraticabile perché i pochi che esistono hanno subito pesanti tagli del personale e, ancor più importante, sono in numero assolutamente insufficiente e per costruirne di nuovi occorrerebbero molto tempo e moltissimo denaro, presumibilmente assai più di quello risparmiato tagliando i docenti di sostegno)
3. un allegro analfabetismo coltivato nell’intimo isolamento familiare
(a questo modello è francamente difficile opporre obiezioni di praticabilità: è il candidato con maggiori probabilità di essere adottato dal Ministero)
4. l’eutanasia
(impraticabile perché non applicabile nemmeno ai soggetti che pur in stato vegetativo e avendo espresso preventivo parere in favore della cessazione delle cure, potrebbero, con modalità non meglio specificate, diventare madre. Figuriamoci i nostri figli, che non solo potrebbero diventare madri e padri, ma perfino con un grado più o meno alto, di partecipazione attiva).
Frimato
Mamma Acrobata senza rete
Per approfondire, cenni sulla normativa vigente
La storia dell’integrazione inizia ufficialmente nel 1971, con la legge n. 118 “Norme in favore dei mutilati e invalidi civili” inclusi i minori di 18 anni affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche di tipo psichico, aventi per tale motivo difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età. L’art. 28 della legge stabiliva che “L’istruzione dell’obbligo deve avvenire nelle classi normali della scuola pubblica, salvi i casi in cui i soggetti siano affetti da gravi deficienze intellettive o da menomazioni di tale gravità da impedire o rendere molto difficoltoso l’apprendimento o l’inserimento nelle predette classi normali”.
Si riprendeva e interpretava innovativamente l’art. 38 della Costituzione che recita: “Gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale”, in armonia con l’art.2: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” (e una di queste formazioni sociali è la scuola) e soprattutto con l’art. 3: “La Repubblica deve rimuovere tutti gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini e impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.
Negli anni scolastici dal 1975 al 1977 sono state messe in atto alcune esperienze positive d’integrazione degli alunni disabili nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado, ma per un’applicazione generalizzata nella scuola primaria e secondaria di primo grado di quanto previsto dalla L. 118/1971 bisogna aspettare la L.517 del 1977, che prevede il dovere per la scuola di attuare forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap, anche con la prestazione di insegnanti specializzati: gli insegnanti di sostegno.
Nel 1987 la sentenza n. 215 della Corte Costituzionale stabilisce che occorre “assicurare”, e non semplicemente “favorire” (come affermava la L. 118/1971), il diritto della persona in situazione di handicap alla frequenza delle scuole comuni, anche nelle scuole secondarie di secondo grado. La sentenza, inoltre, considera superata in sede scientifica la concezione di ‘irrecuperabilità della situazione di handicap’, per cui nemmeno casi gravissimi possono vedersi rifiutata a priori l’iscrizione.
Nel 1992 la legge n. 104, “Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate” riorganizza in modo organico e coerente tutte le norme riguardanti i diritti delle persone disabili.
Il Prot. 4270 – 09 Gelmini “Linee guida per l’Integrazione scolastica degli alunni con disabilità” (familiarmente chiamate dai genitori dei bambini disabili ‘Linee Giuda’ ) se possibile rende ancora più misteriosa la ragione per cui A. con invalidità civile del 100%, sia stato quasi completamente privato della sua insegnante di sostegno in nome di una razionalizzazione (pre-crollo delle borse che tutto giustifica) razionale come una ballerina di flamenco che si esibisca su un ponte di legno marcio.
Invito chi fosse interessato a leggere il documento, scaricabile da Internet, perché riportarlo nella sua interezza sarebbe impossibile e stralciarlo un vero delitto. Propongo come titolo provvisorio ‘La meravigliosa scuola di Itutopia’, ma si accettano suggerimenti alternativi.
E’ un documento bellissimo, moderno, all’avanguardia, rispettoso di tutti i principi, a partire dalla convenzione delle Nazioni Unite, fino all’ultima legge quadro, passando per la Costituzione italiana. Un esercizio di umanità astratta, come dare a un barbone una foto delle tartine al caviale e un’altra di una bottiglia di champagne.
In spregio alla sentenza n.80 – anno 2010 nella quale (estrapolo, ma è sempre scaricabile da internet)
‘LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008), nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 2010.’
5 Comments
Dolore per questa mamma così forte di fronte agli altissimi muri che si trova davanti. Rabbia per la consapevolezza di far parte di uno stato che non si prende cura dei più deboli anzi cerca di nasconderli negando loro i più elementari diritti. Partecipazione perchè mi chiedo cosa può fare ognuno di noi per non subire in silenzio tutto questo. Parliamone, parliamone tanto e cerchiamo di fare qualcosa perchè la nostra voce giunga dove stanno comodamente seduti coloro che dovrebbero prendersi cura di noi e dei nostri figli.
La cosa che fa più male, oltre al dolore di vivere una situazione del genere, oltre al dramma, è la beffa. Beffa perchè questi bambini, più bisognosi degli altri, sono lasciati allo sbaraglio, e noi genitori abbiamo le mani legate. Tempi lunghissimi per le diagnosi, tempi lunghissimi per avere l’insegnante di sostegno (e sperando, appunto di poterlo avere), tempi lunghissimi per poter avere anche il sostegno psicologico per la scuola (mettiamoci anche il lato economico, perchè non è possibile far affidamento sulla Sanità, quindi tutto privatamente)…e non è finita. Se per fortuna al bambino viene affidato il sostegno, non è detto che sia persona qualificata e preparata a un genere di disturbo così complesso, quindi al genitore non rimane che fornire materiale e supporto, sperando poi di avere a che fare con insegnanti aperte e volonterose.
Il discorso è lungo e complesso.
La scuola in Italia, oggi, è un disastro completo.
cosa si può fare nel concreto???
Nel concreto si può fare molto, innanzittutto non lasciando isolata questa denuncia. Raccogliamo testimonianze e quando non sarà più solo un caso isolato ma tanti casi allora troveremo il modo ( e in questo noi ci impegneremo) per portare all’attenzione di chi di dovere questa situazione di dis – integrazione.
Un Grazie se vorrete diffondere questa lettera!
La nostra legislazione a me sembra bellissima: prevede la massima integrazione possibile per ogni soggetto “con bisogni speciali”, il massimo rispetto, il diritto di sviluppare al meglio ogni sua capacità.
Purtroppo però la sua applicazione non è mai stata completa, proprio per gli alti costi, e negli ultimi anni si è assistito ad un abbassamento nei livelli dei servizi, dovuto ai vari tagli che colpiscono il sociale e la scuola.
Lavoro da 6 anni come assistente educativa scolastica, una figura che dovrebbe favorire l’integrazione scolastica degli alunni diversamente abili, e che troppo spesso invece si trova ad essere motivo di emarginazione degli utenti.
So, per esperienza diretta, che quando un bambino o un ragazzo diversabile è ben integrato nella sua scuola, nella sua classe, non solo lui ha la possibilità di apprendere, di acquisire nuove competenze, ma tutta la classe ne trae giovamento, perché l’attenzione ai bisogni altrui, la creatività, la capacità di comunicare con diversi registri, sono un bagaglio prezioso ed utile nella vita di tutti.
Non voglio dilungarmi ulteriormente, e non ho ricette da darvi, ma un semplice invito, a tutti i genitori di bimbi “sani” o “con bisogni normali”, per così dire, di considerare la presenza di ragazzi “speciali” nella classe dei propri figli come una ricchezza da preservare e far fruttare: è così, con i giusti aiuti può e deve essere così, per il bene di tutti!
pamela