La vita dopo i figli: le feste di compleanno

LIFE BEFORE

In un’era lontana lontana, l’annuncio di una festa era fautore di gioia e buonumore.
“C’è una festa al Discordia!” diceva entrando, e gridando come un esagitato, Collasso (il nostro amico detto così per come si riduceva a fine festa).
Evviva! Allegria! Grande!!!

Oggi…

LIFE NEXT

“Papà, sai che c’è un biglietto nella tasca dello zaino?” mi dice la Belva Sr appena rientrati a casa da scuola.
Un’affermazione che, al confronto, “Caro, è arrivata posta dall’Agenzia delle Entrate!” è una dichiarazione d’amore.

“Certo, ora lo prendo” dico con noncuranza e con la fronte imperlata di sudore, tirando fuori il biglietto senza farmi vedere. Leggo la scritta:
<<Ciao! Sei invitato al mio compleanno!!!>>
Nuuuuuu!!!!
Non mi stanno guardando. Con gran senso di maturità, faccio l’unica cosa matura e responsabile che posso fare: cercare di ingoiare il biglietto.

“Papààà, hai trovato il biglietto?”
“Che biglietto?” Mi chiede lei.

Troppo tardi. Ormai la cosa non può più essere tenuta segreta.
Faccio l’annuncio con la stessa consapevolezza di Badoglio nel suo proclama: “C’è una festa di compleanno”. Vedo pupille di lei dilatarsi e il colore della pelle sbiadire improvvisamente…

“Nuuuuu”
“Già”
“E quando?”
“Oggi pomeriggio!”…spizzico la data come a poker!

Dissimulando il piano diabolico che ho in mente, con aria disinteressata dico alla Belva Sr:

“Ma ti sta simpatico quello lì? Non era stato lui a rubarti la figurina di Pogba?”
“Ma non me l’ha rubata… gliel’ho data io!”

Maledizione! Quando tutto sembra perduto, un’ispirazione felice mi balena nel cervello…Ma io lavoro! Oggi pomeriggio lavoro! Ho la giustificazione! Non posso accompagnarli! Fantastico!
Come dice il proverbio… “Il Lavoro giustifica l’Uomo.”

Mi accingo a comunicare alla Belva Jr che non è possibile andare alla festa oggi, quando…

“Li accompagno io!” fa Lei.
Oddio. Lo shock l’ha fatta impazzire.
“Cosa?”
“Sì. oggi pomeriggio non lavoro, per cui li accompagno io”
Non so se quella che le leggo negli occhi sia offuscata determinazione o lucida follia.
“Ma come gesto di estremo sacrificio e amore, non ti è bastato partorire?”
“Ma no, dai, li porto io”

Qualche ora dopo…

Finita la giornata lavorativa, arrivo al locale dove si tiene la festa. Faccio un grosso respiro e apro la porta.
Un’ondata di aria calda, umida, dal caratteristico odore di piedi e gorgonzola, mi inonda le narici.
Il tasso di umidità è del 4000 per 100. Praticamente piove dentro il locale. È così umido che i capelli mi si arricciano all’istante. E anche le sopracciglia. Sembro Caparezza in tenuta da ufficio mentre attraversa il Borneo. In lontananza, vedo alcuni topi andarsene via che, scuotendo la testa, si dicono a vicenda “no…andiamo via che l’ambiente qui è veramente malsano!”

Di solito, quando entro con la Belva Sr, appena dentro, lui entra in trance agonistica, cominciando a sobbollire e a saltare alternativamente da un piede all’altro.
Inginocchiato davanti a lui, temperatura segnalata 25°C – percepita 1.000°C, con ancora indosso il mio giaccone, il regalo da consegnare, la mano della Belva Jr che in un attacco di timidezza non si vuole staccare da me, ho meno di 30 secondi per spogliarlo altrimenti, da come vibra, esploderà.

Tolgo il giubbino al bambino, ed è tutto bello in ordine.
Gli faccio togliere le scarpe, ed è tutto bello in ordine.
Gli metto gli antiscivolo, ed è tutto bello in ordine.
Batto le palpebre 1 volta. Lo guardo. I capelli sono completamente fradici di sudore, la magliettina intima è fuori dai pantaloni, un pataccone di muco è in procinto di uscire dal naso e gli antiscivolo sono neri come se avesse camminato sull’asfalto, ma mentre lo stendevano: praticamente Oliver Twist quando faceva lo spazzacamino.

Ma come ha fatto?

Ma stavolta devo spogliare solo me medesimo, dopodiché mi guardo in giro alla ricerca della mia famiglia.
Da un lato vedo un drappello di madri opinioniste che, insieme a Mara Venier, Tina Cipollari e Mara Maionchi, commentano negativamente la festa.

“Guarda, io per mia figlia il compleanno l’ho organizzato al Museo di Algebra…come si sono divertiti!” dice una.
“Ma sì, io poi la festa l’avrei organizzata senza far venire i bambini…” dice l’altra.
“Sì, festa bella… luogo carino… ma per me è NO!” fa Mara Maionchi.

padri, invece, li trovi ancorati al buffet, che si sfondano di pizzette bianche e rosse e rustici di vario genere… o almeno quello che un tempo erano pizzette e rustici.

Perché dopo un’ora di festa, tra il passaggio di bimbi smocciolanti e toccatutto e le condizioni ambientali che poco hanno a che vedere con la dicitura “Conservare in luogo fresco e asciutto”, i wurstel nei rustici hanno cominciato a sudare e a detergersi la fronte con un fazzoletto, le pizzette bianche sono diventate dischi di polistirolo espanso, e le rosse sono diventate gusto ebola & mucillagine. La vera festa, comunque, è nella scodella delle patatine, dove c’è un happening di Salmonella e Escherichia Coli che si divertono da pazzi!

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Guarda un po’ chi c’è: il papà Smart!

“Nooo, ma io adoro queste feste! Sto con mio figlio, lo vedo correre, divertirsi! Io e lui, lui ed io, sempre insieme!
Scusa un momento, mi squilla il cellulare.
“Pronto? Ciao Tesoro! Come? Il bambino è sul marciapiede davanti casa, aspettando che lo passi a prendere? Arrivo subito! Tranchìla!!!!”

È arrivata anche Marina Suva. La vedo parcheggiare il SUV tra il buffet e i tavolini.
Fa scendere i due figli.
Sento il grande, quello con la barba e il tatuaggio di Che Guevara sul bicipite, che le dice:

“Mammaaaa, senza che me li metti i calzini antiscivolo… mi bevo solo una birretta al buffet!”

Ma lei non vuole sentire storie!

Vedo anche il padre del festeggiato, immediatamente riconoscibile: il sorriso non è suo, ma gli hanno dato un sorriso di cortesia dall’officina. Con una mano tiene la macchinetta fotografica, mentre con l’altra stringe le mani ai vari ospiti che arrivano salutandoli caldamente e con affetto come vecchi amici, in verità ne riconosce scarso un 5%, osando anche un paio spudoratissimi “ben rivisto!” completamente fuori luogo.

Ma perché quel velo di ansia nei suoi occhi? Perché quello stato da notte prima degli esami? Perché quel sentimento da “Ho appena mangiato arrosticini e peperoni ed il bagno più vicino è a 10 chilometri”? Perché le mamme, quando si incontrano, si baciano, mentre i papà gli danno delle pacche sulla schiena, come segno di conforto? Cosa lo turba?

Guardo la madre del festeggiato e un brivido gelido si inerpica tra le mie spalle: apparentemente serena, in verità sta eseguendo uno screening completo della situazione. Guarda con un occhio la persona con cui sta parlando, mentre con l’altro, completamente indipendente, un incrocio tra un camaleonte e Terminator con la sua pupilla rossa, scansiona tutta la sala. Perché tutto si svolga secondo i piani.

Lei ha organizzato, commissionato, ordinato, preparato, coordinato, apparecchiato.
E perché è lui ad essere così teso?

Perché gli sono stati attribuiti 4 compiti, solo 4 compiti, ma il mancato compimento anche di uno solo, comporteranno, in questo ordine preciso, il fallimento totale della festa, il divorzio, l’avvio all’uso di stupefacenti da parte del festeggiato per il trauma subito, la scomunica in blocco da parte dei nonni (anche i propri) e infine la condanna in contumacia all’esilio in terra straniera.
Da tutti, per strada, verrà indicato come “quello che ha rovinato la festa del figlio”.

Come in ogni classico videogame , ci sono 4 livelli di difficoltà crescente:

1° quadro

Trasportare indenne, via automobile, la torta dal produttore ai locali della festa.

2° quadro

Fare foto memorabili, almeno 16 milioni, di cui quella FONDAMENTALE con la torta; mentre il festeggiato soffia sulle candeline; candeline che, in foto, devono comparire ancora accese; ai lati mamma e sorellina, tutti con gli occhi aperti e tutti sorridenti; e nella foto ci deve essere anche lui, sempre con sorridente e con gli occhi aperti. Se un solo occhio viene chiuso nella foto, verrà incriminato per insolvenza fraudolenta.

3° quadro

Trasporto torta da frigorifero a tavolo del festeggiato, evitando muffin spiaccicati sul pavimento, bambini-kamikaze che si fanno esplodere tutti intorno nel tentativo di appropriarsi delle decorazioni della torta e il tutto al buio, visto che le luci sono state spente per creare l’atmosfera

4° quadro (IL MOSTRO FINALE)

Accensione candeline. A QUALUNQUE COSTO.

Mentre continuo la ricerca della mia famiglia, un bambino pallido, con l’aria impaurita, mi si avvicina all’orecchio e mi fa “Vedo le persone morte!”
“Figliolo: quelle non sono persone morte. Sono le animatrici”
Le animatrici di solito sono prelevate da istituti per la rieducazione o carceri minorili, a cui è stata data la possibilità di scontare in quel modo la loro pena e che, quando tornano nella loro cella di isolamento, si dicono grate dello spazio concesso per ritrovare un po’ se stesse.

La Festa, comunque, l’hanno organizzata in grande:

  • il buffet l’ha organizzato direttamente il gestore, con rustici, pizzette, patatine, pop corn, antipasto, primo, secondo di pesce, sorbetto e poi si passa al menù di carne. Bevande escluse.
  • animazione con mago per 30 minuti di giochi di prestigio, sparizioni, ecc. Sparizioni di bambini escluse. Solo su richiesta dei genitori.
  • la pignatta è stata esclusa poiché l’ultima volta l’animatrice si trovava troppo vicina alla pignatta e aveva ricevuto una mazzata in mezzo agli occhi da un bambino esagitato (di solito sono fratelli maggiori che aspettano quel momento per acquisire una dignità all’interno della festa) che, nel tentativo di spaccarla in due (la pignatta, non l’animatrice), le aveva causato un trauma cranico guaribile in 30 gg di prognosi.
    Ecco perché, oltre alle Animatrici, con un piccolo sovrapprezzo, per ogni evenienza sono presenti anche le Rianimatrici.

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E poi ci sono loro, I GONFIABILI.
I regolamenti dei gonfiabili sono la norma più disattesa in Italia dopo il limite dei 10 all’ora in macchina.
Essi prevedrebbero numero massimale e chiuso di utenti, supervisione di un adulto in rapporto 1 a 1 e responsabilità da parte dei bambini.
Quello a cui assisto, invece, fa sembrare il derby Roma-Lazio, una manifestazione dei Papa-boys per il Giubileo.
Lì, da qualche parte, vedo le mie Belve salire-scendere-risalire-scivolo-rete-scala-salto-tuffo nelle palline, uscita dalla piscina-gradoni-salire-scendere…

Non sono due bambini, sono due criceti che hanno sniffato cocaina.
Ad un tratto, interviene una carica di Celerini per allontanare i bambini da lì.
Cosa sta succedendo?

La Torta…

È  il momento della torta. Vedo il padre arrivare sorreggendo la torta come se fosse fatta di panna e nitroglicerina. Sta sudando copiosamente, anche dalle orecchie. Ce l’ha fatta.
Intorno al tavolo della torta c’è una mischia stile rugbistico. C’è il festeggiato. Ci sono i genitori. C’è la torta. Ci sono le candeline.
Lei guarda lui. Non ha bisogno di parlare. Dai suoi occhi parte un raggio laser che lo fulmina istantaneamente, il cui significato è “Ora accendile!”
Lui è ancora intontito dalla scarica di 20.000 volts che ha ricevuto.
“Cosa?”
Lei fa un cenno con il mento, sembra Marlon Brando ne “Il Padrino” e, con gli occhi, ribadisce:

“Accendi le candeline!”

Lui è visibilmente in preda al panico: non si è portato dietro un accendino.
In un gesto estremo di disperazione, tenta prima con l’autocombustione. Dopodiché prende due pietre focaie. Nulla. La situazione è disperata. È la sua fine.
Lei non lo sta semplicemente guardando: sta prendendo le misure per la bara.
Un mormorio di nervosismo serpeggia intorno a loro.
Lui, sempre più disperato, si guarda intorno nella folla quando, all’improvviso, vede emergere dalla folla un’animatrice, candida nella luce, con un libro sottobraccio e l’altro braccio teso a porgere un accendino: un incrocio tra la Statua della Libertà e Barbara D’Urso.

Lui accende la prima candelina, la seconda… arriva all’ultima. L’ultima si spegne.
C’è un maledettissimo amichetto che continua a soffiare per fare il burlone.
Il padre lo guarda amorevolmente e gli dice:

“Lurido piccolo goblin, emetti ancora un fiato e accendo te al posto della candelina”

Il bambino, ammutolito, fugge via.
“Tanti auguriii a te…” Riaccende la candela
“Tanti auguriii a teeee” La candela si rispegne, da sola.
“Tanti auguriiii… Lei lo guarda ed emette un ringhio, un sibilo che percepisce solo lui e una banda di cani a un chilometro di distanza, e che vuol dire: “Fa in modo che quella candelina rimanga accesa, o con lei si spegnerà anche la tua di vita!”. I cani, per la paura, si consegnano in Questura.

Lui compie l’estremo sacrificio. Decide di tenere l’accendino acceso fisso sulla candelina.
“Tanti auguriiii a teeeeeeeeeeeeeee…”
La rotella dell’accendino è diventata incandescente; lui ha una lacrima che gli scende dall’occhio, ma non cede
“Vaiiiiiii!!!! Soffiaaaaaa!!!!”

L’ustione sta passando dal secondo al terzo grado. Il dito sembra un wurstel alla brace.
Quando il bambino soffia, il sollievo sul volto del padre è tale che gli fa urlare “EVVAIIIIIII CAXXX”, invece che “TANTI AUGURI!”

Ma nella confusione totale, nessuno se ne accorge. Tutti i bimbi soffiano sulla torta, la sditazzano con le dita leccate, spostano gli oggetti.
La torta ormai è contaminata più di un telecomando nel reparto malattie infettive del Policlinico di S.Orsola.
Incredibile come ancora non abbiano inventato una pellicola protettiva, come per i cellulari appena acquistati.

È  il momento di rivestire le belve. “Andiamo!” faccio io.
Pare che non sentano. “ANDIAMO!” ripeto.
Nulla.Vedo uno sgusciarmi davanti, la Belva Sr. Lo rincorro e lo placco stile football americano.

“Che c’è papà?” mi fa lui, quasi sorpreso.
“Dobbiamo andare”.
Istantaneamente gli occhi si gonfiano di lacrime, si butta in ginocchio per terra.
“NOOOOOOOOO!!!! PERCHEEEEEE’?????”
“Perché è ora”.
“MA TUTTI GLI ALTRI RIMANGONO!!!!.
“Non è vero, ora vanno via anche gli altri”.
“E INVECE NO!! SIAMO SEMPRE I PRIMI AD ANDARCENE!!! .
“Ma non è vero, quando mai! E Franco allora?”.
“MA LUI SI E’ SENTITO MALE!!!! NON VALE!”.
“Allora Michele! Se n’è appena andato via!”.
“SI’, MA DALLA FESTA DI IERI!!!”.

A questo punto, normalmente si giocano il Jolly.

“MA IO NON HO MANGIATO LA TORTA!!!”

Il malefico si guarda bene dal consumarla al momento del taglio, quando ti viene consegnata a domicilio dai genitori del festeggiato, direttamente in motorino, corredata anche di tovagliolo e posate. No, in quel momento sono troppo presi dai giochi.
Loro chiedono la torta sempre e immancabilmente nel momento in cui bisogna andare via. Ovviamente, tutti i genitori intorno di guardano come se fossero emissari ONU, con sguardo di disapprovazione, come a dire “Non vorrete mica negare una fetta di torta ad un bambino, in una festa di compleanno?”
Nooo…E mangiatevi pure la torta!
A quel punto, alternando minacce di provvedimenti economici e l’embargo alimentare, che se fossi stato al posto di Metternich al Congresso di Vienna, avrei ottenuto oltre al controllo del Lombardo-Veneto, anche Parco della Vittoria e Viale dei Giardini, riusciamo a portarlo via, quando arriva la Belva Jr e devo ripartire da capo con le trattative.

Vestiamoci. Ho paura a maneggiarli, per quanto sono luridi. Per evitare una broncopolmonite, adesso, in questi luoghi, ti danno pure l’asciugacapelli, manco fossimo in piscina.

La cosa funziona così. Comincio ad asciugargli i capelli. Quando i capelli cominciano ad asciugarsi da un lato, lui, per il caldo del phon, comincia a sudare dall’altro. Asciugo dall’altro lato, e lui risuda sul fronte opposto. Dopo 10 minuti così, lui ha ancora un lato bagnato come prima. In più, ora sono sudato fradicio anch’io e mi sono preso il cazziatone da Al Gore in persona per il dispendio energetico che ha ridotto del 10% le risorse mondiali non rinnovabili.

Ma arriva Lei: mette loro il cappello in testa e via!

Salutiamo i genitori con le formule di rito:

“Grazie di tutto, è stata una festa bellissima…”

La festa è finita: il padre è felice come se avesse passato l’esame della patente per il motorino, mentre la madre è soddisfatta come se avesse conquistato la Kamchatka attaccando con 3.

“Grazie a voi per essere venuti” … 
“No grazie a voi”
“No a voi…”

E quando tutto sembra essere finito…

“Ma vi volete riportare una fetta di torta?”

Colpo di scena.
Non ce ne andremo mai.
Riportarsi la fetta di torta è la cosa più scomoda dopo i tanga monouso per uomo: compresa tra due piatti in plastica non combacianti e ballerini, avvolti in un tovagliolo di carta che volerà via al primo soffio di vento e che dovresti riportarti in un tragitto con 2 bambini, in macchina!

Se mi avessero chiesto “Ma vi volete riportare un pezzo di torta?” o “Ma volete un calcio negli stinchi?” avrei scelto il calcio.
Tra la Torta e Barabba, avrei scelto Barabba.

Dico la prima cosa che mi viene in mente.
“Scusateci, ma siamo solo col bagaglio a mano e al punto di controllo ce la sequestrerebbero…”

E, approfittando del loro momento di perplissione, fuggiamo nella nebbia del locale…

 

photo credit: Irresistible via photopin (license) & photo credit: It Was 17 Years Ago Today…. via photopin (license) Monogram Slumber Party by Anders Ruff via photopin (license)

 

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