Depressione post partum: intervista a Deborah Papisca, autrice di "Di materno avevo solo il latte" - Mammeacrobate

 

Questa estate mi sono portata solo un libro in vacanza. Sapevo già di avere a disposizione non troppo tempo da dedicare al relax sotto l’ombrellone e così non volevo esagerare. Tra quelli che avevo a casa in attesa di essere letti, la scelta è ricaduta su un libro che mi incuriosiva da diversi giorni e il cui titolo già la diceva lunga: “Di materno avevo solo il latte” di Deborah Papisca. Ne avevo sentito parlare in rete, avevo letto qualcosa su alcuni siti e blog ed in particolare avevo letto un accalorato dibattito portato avanti da numerose mamme nato in seguito ad una recensione del libro non troppo garbata e pertinente che era stata pubblicata in una rubrica di Vanity Fair.

 

Che non era propriamente un libro “da spiaggia” me ne sono resa conto quasi subito. O meglio, dopo un inizio scoppiettante e molto divertente (il racconto del parto è davvero memorabile), ho compreso ben presto che l’ironia – sempre presente in tutto il racconto – pian pianino lasciava intravedere sullo sfondo un problema purtroppo molto attuale e ancora non ben compreso da chi ha avuto la fortuna di non viverlo. Quel libro parlava di maternità e in particolar modo di depressione post partum. E lo faceva in modo diretto, vero, certamente divertente in molti punti, ma a volte quasi “feroce”, come provare la sensazione di ricevere un pugno nello stomaco.

 

Da quel libro non mi ci sono più staccata fino all’ultima pagina (per buona pace di mio marito che ha fatto interminabili bagni con nostra figlia concedendomi inaspettati momenti di relax).

 

Alla fine del libro, il primo pensiero è stato: “Devo intervistare Deborah!” ed eccoci qui.

 

Quale è stato il momento in cui hai capito che stavi sprofondando nella depressione post partum?
Sono uscita dall’ospedale con la mia bambina e una felicità indescrivibile. Ero più che sicura di riuscire a fare tutto da sola e di vivere serenamente il mio nuovo quotidiano. Non appena tornata a casa la scia del mio entusiasmo mi ha tenuta viva solo il primo giorno. Dopo la prima nottata trascorsa a singhiozzi ho capito che c’era qualcosa che non andava e nei giorni successivi il mio umore è caduto a piombo in una specie di baratro.

 

Di cosa avevi esattamente paura? Cosa ti angosciava?
La sensazione più forte e più terribile era quella di non sentire più il terreno sotto i piedi. Ero come sospesa in un vuoto incolmabile. Mi sentivo viva e morta al tempo stesso, senza sentimenti da provare a parte quello di una disperazione interiore che aumentava giorno dopo giorno e la cosa che più mi angosciava era il terrore di vivere così per sempre.

 

Chi o cosa è stato fondamentale nel tuo percorso di risalita dal “baratro”?
Prima di tutto me stessa. Malgrado le mie lacerazioni interiori sono riuscita a fare fede al mio carattere che per sua natura è reattivo da sempre e a quella parte razionale che era uscita illesa dalla violenta bufera. Quando ci si trova in stati psicologici di questo tipo  le persone a cui dobbiamo fare affidamento siamo prima di tutto noi stessi. Non c’è nessun altro al mondo che ci possa offrire un aiuto migliore del nostro. Poi tutto viene di conseguenza ma siamo noi e solo noi che dobbiamo aprire quel varco che permette agli altri di aiutarci. Io mi sono, poi, affidata allo yoga (che consiglio vivamente a prescindere) e all’aiuto da parte della mia famiglia.

Chi invece proprio non ha capito nulla di quello che stavi vivendo?
Inizialmente e cioè prima che io facessi “outing” proprio nessuno. Ora non vengo compresa dalle mamme che non hanno (per fortuna loro) sperimentato la depressione post parto, sebbene abbiano comunque apprezzato il romanzo in quanto tocca anche altre tematiche importanti della maternità.

 

Quali sono secondo la tua esperienza i campanelli di allarme che marito e famigliari di una neomamma dovrebbero saper riconoscere?
Prima di tutto bisognerebbe prendere un pò le distanze dalla visione idilliaca della maternità e acquisire maggiore conoscenza che il parto per una donna è una esperienza unica ma anche molto faticosa in termini fisici e psicologici. Perciò i famigliari di una neomamma invece di guardare solo il bello dell’avvenimento siano consapevoli che la maternità presenta anche dei “difetti” e allora prestino maggiore attenzione al comportamento della mamma in particolare nel primo mese di vita (sì, perché in qualche modo anche la mamma subisce una rinascita). Insomma una donna che piange di continuo o che mostra una costante espressione funerea non può non essere notata e il suo atteggiamento visto come puro sinonimo di “è solo stanca”. Poi ci sono anche casi in cui una donna vergognandosi profondamente della sua tristezza la cela con falsi sorrisi ma anche lì qualcosa comunque affiora se si è abbastanza sensibili e soprattutto a conoscenza del fenomeno. Invece di invaderle la casa di visite (che sono solo fonte di stress) e regalini che passino al lato pratico tendendole un aiuto effettivo (hai bisogno che ti lavi i panni? che ti vada a fare la spesa? Se hai allattato riposati che porto a spasso il bimbo…) questo secondo me è un ottimo punto di partenza per rivoluzionare la maternità e supportare le mamme nel migliore dei modi.

 

Nel tuo libro parli anche di un luogo virtuale, un forum, che ha avuto un ruolo abbastanza importante nel tuo percorso, in che modo esattamente?
I forum… qualcuno li può in qualche modo beatificare?! Per me hanno rappresentato un’ancora di salvezza. Durante il primo anno di vita di mia figlia Camilla facevo molta fatica a interagire con le mamme principalmente perché la mia vita prima di lei  era distante anni luce dalla dimensione mamma. Ero una lavoratrice indipendente circondata da amiche senza figli puoi immaginarti quanto conoscessi del “nuovo mondo”… poi navigando in rete sono approdata in uno dei tanti forum dedicati alla maternità e lì ho trovato ciò che cercavo: amiche a distanza in gambissima con cui mi sono potuta permettere di sfogarmi a 360° e senza inibizioni. Ci siamo confrontate, abbiamo condiviso gioie e dolori, abbiamo riso e scherzato e con alcune siamo ancora in ottimi rapporti, addirittura ci siamo viste e abbiamo trascorso dei bei momenti insieme. Sapere di non essere sola e che c’erano tantissime altre donne che stavano vivendo le mie stesse sensazioni per me è stato un vero aiuto che mi ha spinto a reagire e rimboccarmi le maniche!

 

Cosa diresti alle future o neomamme che ci stanno leggendo?
Avere un bambino è un’ esperienza che non si può paragonare a nessun altra cosa esistente al mondo. Proprio per questo è profonda e non così facile come viene mostrata in televisione o sui magazine. Siate serenamente consapevoli prima di tutto delle difficoltà che essa comporta. Non dovete provare nessuna vergogna ad ammettere eventuali stati d’animo bassi. Chiedete sempre aiuto e parlatene liberamente, solo così vi darete la possibilità di essere delle buone madri serene ed equlibrate. Ingredienti fondamentali perché i vostri figli crescano al meglio!

 

Grazie Deborah!

 

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